mercredi 16 décembre 2020

Flavio Cotti

 Questa volta faccio il necrologio di un personaggio politico che ha parecchio frequentato casa mia. 

E`spirato oggi 16 dicembre,  Flavio Cotti, di Covid19, avvocato e uomo politico di primo piano della destra conservatrice ticinese. Aveva 81 anni. Era ospedalizzato in una clinica di Locarno. Fu consigliere federale ovverossia ministro , in carica per anni del Dipartimento degli affari interni della Confederazione Elvetica e poi del Dipartimento degli affari esteri. Si era fatto una fama di grande lavoratore: convocava i suoi capo servizio, i suoi direttori molto presto al mattino , talora prima delle 7 di mattina. Moltissima gente aveva paura di lui. Aveva il potere e ne abusava.

Nel Ticino fu pure al governo come esponente della destra dapprima progressista, poi moderata e per finire alquanto reazionaria. Fu assai  vicino a mio padre  al quale rendeva spesso visita  Mio padre era un suo elettore nel senso che gli organizzava parte  della campagna elettorale e raccoglieva voti per lui.

Quando fui a Parigi non seppi più nulla di lui tranne delle sue visite a sorpresa in casa dei miei. Quando a Locarno, nel lontano 1968,  ebbi uno scontro con Carlo Speziali, direttore della Scuola Normale nonché sindaco della città, Flavio, allora in governo, mi coprì molto. Non si espose però a sufficienza . Giusto quel tanto che bastava nel Ticino di allora , alla fine degli  anni Sessanta, per avere una fama di progressista e suscitare nel piccolo mondo di intellettuali locali speranze infondate. Era una figura rilevante del cattolicesimo politico. In seguito  Cotti  dirottò verso destra. Questo forse era il prezzo da pagare per diventare ministro nella Confederazione Elvetica di allora, lasciare il Ticino e andare a Berna. Sapeva il tedesco. Questo è un altro fattore che facilita la carriera in Svizzera. 

 Ricordo una sua visita a Parigi, assieme a Remigio Ratti , pure lui esponente della destra progressista ,a quei tempi direttore dell'Ufficio Cantonale di Ricerca economica ( non ricordo il titolo esatto, mi pare IRE). Ho ricevuto entrambi. Ero alquanto stordito. Non ricordo più le ragioni di quel viaggio assai strano.

Più tardi, molto dopo,  mi chiamò a Berna per propormi il posto di direttore della Biblioteca nazionale ma gli dissi alla fine , nel suo ufficio bernese, che non ero competente e che se aveva un candidato più qualificato doveva prenderlo. Fu quello che fece. Poi quando ero in pessime acque all'OCSE  scrisse come presidente della Confederazione  una lettera in mio favore al mio direttore di allora Tom Alexander  che voleva liquidarmi. Avevo capito , troppo tardi,  il giuoco politico. Gli avevo scritto per raccontargli le mie peripezie. Volevo dimostrare ai dirigenti dell'OCSE che avevo anch'io relazioni che contano, ma all'OCSE sono altre le competenze per fare carriera.  Cotti non si fece pregare e scrisse la lettera. Fu l'ultimissimo contatto, questo indiretto,  che ebbi con lui. Porto con me il ricordo di una persona che mantenne con mio padre una relazione lunghissima. In politica non è una cosa scontata. Forse non è gran che ma è quel che conta per me. 

Cotti fu un esponente del cattolicesimo politico. Non ero d'accordo con lui. C'erano altri cattolici molto più colti di lui in fatto di teologia, ma meno abili, meno brillanti o forse meno ambiziosi sul piano politico. Lui ebbe una carriera fortunata. Se la giuocò a  fondo.

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