lundi 12 août 2013

Una vita altrove

Da tempo mi chiedo da dove vengo, ossia mi interrogo sulla mia identità. Non so se sia una cosa seria,  se occorra davvero chiederselo. Penso di no. Per me non è un aspetto  rilevante almeno da un punto di vista razionale, ma l'inconscio mio viaggia in un'altra direzione e nei sogni continuo a confrontarmi a questo tema.

Sono nato in un buco, sono scappato via da quel luogo dove il mio destino era prestabilito, ho passato anni difficili ma anche entusiasmanti nella "Ville Lumière" dove ho cresciuto, come si dice , una famigliola, ma questo è un altro problema, sono tornato per concludere la vita professionale nel paese che si chiama la patria e di cui detengo il passaporto, poi sono di nuovo ritornato nella "Ville Lumière" perché non mi sono integrato nella società elvetica ed ora probabilmente finirò la mia esistenza da queste parti. Mi piace l'anonimato.

Dopo una lunga e dolorosa analisi mi sono accorto che sono un cittadino cosmopolita, non ho legami con nessun luogo ed anche quest'aspetto mi pare una stranezza da un lato ed un gran vantaggio dall'altro perché mi sento bene per il fatto di non avere legami particolari. Però, da alcuni anni, provo in me più affinità con il mondo da cui proviene mia madre che non con il mondo di mio padre. Da parte di madre mi troverei nella terza generazione di bergamaschi all'estero. Il nonno materno che non ho conosciuto perché è morto prima che nascessi veniva  da Costa in Val d'Imagna, un luogo  bellissimo a strapiombo sulla pianura padana, che all'inizio del Novecento doveva essere poverissimo. Il nonno ha fatto il merciaio ambulante e si è fermato nel Canton Ticino, che a quei tempi doveva essere percepito come un luogo molto distante dal Bergamasco,  ha fatto fortuna, si è sposato, ha avuto due figlie e cinque maschi.

Mia madre, per sposarsi ha dovuto rinunciare alla nazionalità italiana. Era la vigilia della seconda guerra mondiale e lei ubbidì all'ingiunzione, si capisce. L'amore fa compiere scelte del genere. Poi, con il passare degli anni, non solo ha fatto il suo dovere di madre elvetica, ma  è diventata più svizzera degli svizzeri e non mi ha mai narrato la sua storia. Qualche spezzone ogni tanto, ma proprio il minimo. Ha fatto di tutto perché mettessi le radici laddove si era accasata lei. I miei zii materni, ovverosia i suoi fratelli , erano ben diversi dai Ticinesi. Me ne accorgevo ogni volta che li incontravo, ma non ne capivo le ragioni. Nessuno mi ha mai spiegato come sono cresciuti.

Perché questa lunga introduzione? La ragione è un film di Alberto Cima  intitolato "Una vita altrove" , un documentario del Centro Studi Valle Imagna finanziato dalla Regione Lombardia, patrocinato dal Ministero per gli Italiani nel Mondo ( non so nemmeno se ci sia ancora). Il film è dedicato ad un boscaiolo bergamasco originario di Sant' Antonio Abbandonato che ha trascorso tutta la sua vita lontano dalla Valle d'Imagna come boscaiolo.

Mi ricordo che quando avevo sette o otto anni, nell'immediato dopoguerra,  andavo a trovare ogni estate, in montagna i miei nonni paterni che avevano una casettina accanto ad una foresta che in quei tempi era ripulita da boscaioli bergamaschi, gente tarchiata, grandi bevitori e bestemmiatori, dai quali occorreva stare alla larga. La guerra, il fascismo, erano passati nel frattempo ed avevano lasciato un segno indelebile nella società locale. Ma anche loro erano boscaioli come Lorenzo, il principale personaggio del film di Cima, ed anche a me piace moltissimo fare il boscaiolo quando sono in Provenza.

"Una vita altrove" non è un bel documentario. l'ho ricevuto dopo avere scritto al Centro Studi Valle Imagna che desideravo in occasione dei miei settant'anni conoscere la produzione del Centro. Ho ricevuto in risposta uno scatolone di documenti ed alcuni DVD. Ho subito capito l'approccio degli studi. Non mi sono sentito a mio agio. La storia del mio ramo materno era del tutto diversa da quella tratteggiata nella documentazione ricevuta.

Il DVD " Una vita altrove" racconta di un gruppo di bergamaschi che sono finiti nel Giura vodese, a Le Brassus , uno dei luoghi più gelidi della Svizzera, e dintorni e lì hanno vissuto  per 40 anni e più. Il film è del 2004. I testimoni intervistati e filmati sono emigrati nell'immediato dopoguerra come i boscaioli che pulivano il faggeto e la pineta accanto alla residenza estiva dei miei nonni.

Mi sono recato  a Costa con i miei primi cugini a settant'anni. Il paese è abitato da famiglie i cui antenati sono in gran parte emigrati . Ne conoscevo i cognomi. Le tombe del grande cimitero ne portavano del resto le tracce. Nonostante la bellezza del luogo ho capito che non avevo più nessun legame con quel posto. Anch'io ho vissuto una vita altrove, non solo nel senso geografico ma anche in quello spirituale, culturale, sociale. Non ho radici nemmeno lì, anche se provo una grande affezione per quel mondo da dove proviene una parte di me, una parte repressa, che dentro di me non posso, non voglio soffocare.