dimanche 14 janvier 2018

NO a No Billag

In Svizzera imperversa la campagna elettorale per la votazione federale del 4 marzo prossimo sull'iniziativa popolare promossa dalla destra populista  che propone di vietare qualsiasi finanziamento pubblico ( sia di programmi che di emittenti) da parte della Confederazione elvetica, proibizione da inserire nella costituzione federale.

Attualmente le emissioni radiotelevisive elvetiche sono decentralizzate, indipendenti  e sono plurilingue. Per esempio la radiotelevisione in italiano è trasmessa in tutto il mondo alpino elvetico. Questo significa che si possono vedere i programmi in italiano ovunque nella Confederazione, a Basilea come a Ginevra; stessa cosa per il francese e per il tedesco ( spesso nel dialetto tedesco alpino che varia da Basilea a Zurigo o a Berna). Ci sono anche emissioni in romancio. Purtroppo, ma questa osservazione in questo caso è di secondaria rilevanza, le emittenti elvetiche hanno spesso ignorato la presenza nel mondo alpino elvetico di una forte minoranza italofona non elvetica. Nella Confederazione  elvetica prevale il principio linguistico territoriale. Italofoni riconosciuti di pieno diritto per le autorità elvetiche  sono solo i nativi svizzeri, ma questa è un'altra storia. La televisione in italiano è fatta per gli Svizzeri italofoni, e non per altre nazionalità che usano l'italiano quotidianamente.

Riveniamo a NoBillag. Billag è la ditta incaricaricata di incassare il canone radio televisivo con il quale si pagano le emittenti nazionali ( francofoni, svizzero-tedesca e italofona). Nel Ticino, ossia nella parte meridionale del mondo alpino elvetico, funziona una  radio con tre canali e una televisione con due canali per una popolazione locale, ossia ticinese,  di pressapoco 300 000 persone. Senza il canone federale sarebbe impossibile mantenere un apparato del genere per una popolazione talmente esigua. Non entro qui nel merito della qualità dei programmi. Di questi tempi se ne discute assai. Alcuni furono e sono davvero eccellenti e altri discutibili. Il che è normale. Si va spesso a periodi. In taluni momenti la radio e la tv ticinese o svizzero-italiana per essere più precisi sono  state davvero notevoli e hanno prodotto emissioni di alto livello culturale e politico. In altri periodi forse meno. Anche questo non è il puntosi cui vorrei discutere in questo post.

Dico subito però che voterò No a NoBillag, la denominazione dell'iniziativa perversa che propone di eliminare il canone radio-televisivo. Una parte dell'elettorato invece è allettata dall'eliminazione del canone percepita come un vantaggio e come una giusta punizione verso la radio-televisione.

Si spenderà di meno dicono i proponenti dell'iniziativa. Questo argomento di per sé è imparabile per il pubblico, ed è molto demagogico. Occorre infatti dimostrare che l'eliminazione del canone non sarà un vantaggio ; che non è affatto vero che si spenderà meno, anzi che si dovrà spendere molto di più per avere accesso a emissioni che piacciono, che la qualità delle emissioni ne soffrirà. purtroppo ci si rassegna e si accetta il degrado come se fosse una fatalità. I promotori dell'iniziativa non spiegano quello che succederà quando il canone sarà abrogato, quando il servizio pubblico radiotelevisivo smetterà di funzionare perché non sarà più finanziato dall'ente pubblico. Occorre anche aggiungere  che questo servizio è stato fin qui imparziale, neutrale anche se i promotori dell'abrogazione del canone, ossia coloro che invitano ad accettare con un voto positivo le proposte dell'iniziativa, cioè a dire sì a NoBillag ( si vede quanto sia pericolosa già nel lessico la tematica dell'iniziativa) sostengono che non è affatto il caso. In realtà  il servizio radio-televisivo è andato spesso molto controcorrente, non ha promosso le spinte demagogiche, populiste, in parte xenofobe, che si ritrovano in tutto l'arco alpino protese a proteggere le tradizioni, il piccolo mondo antico, che non era proprio allettante come lo si pretende, la bontà del territorio. Quindi per i promotori dell'iniziativa la radio-televisione di stato va punita; via il canone, basta soldi raccolti con una tassa imposta a tutti.

Qui mi limiterò a un aneddoto, a un ricordo personale. Mio padre fu per molti anni membro della CORSI, la Cooperativa regionale per la Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana, un ente che doveva , se non erro, garantire l' indipendenza e la neutralità   della radio e della  televisione della Svizzera italiana. In quanto tale fu anche  delegato della CORSI nel Comitato Nazionale elvetico della Radio Televisione (non so come si chiama ora questo organo) che si riuniva ogni tanto a Berna, nella capitale federale. Lui andava quindi da Lugano a Berna e non so nemmeno se ci andava da solo o se c'erano altri delegati ticinesi. Non sapeva il tedesco e non so come si svolgevano le riunioni. In ogni modo mi ricordo che si sentiva assai penalizzato. Non era però soltanto una questione di lingua. C'era dell'altro. Mentre alle riunioni della CORSI a Lugano sapeva cosa ci andava a fare non era del tutto in chiaro sulla sua funzione a Berna. Qualcosa lo percepiva: sapeva che doveva difendere la ripartizione della torta tra gli apparati radiotelevisivi delle tre regioni linguistiche del mondo elvetico, ma per effettuare questa missione con convincimento occorreva anche credere nella funzione della RSI ossia della radio-televisione della Svizzera italiana. Orbene ho i miei dubbi su questa consapevolezza. Con me non ne ha mai discusso, anche se avevo l'età per farlo.

La sua attività nella CORSI si situa negli ultimi anni della sua carriera politica tra gli anni 60  e 70 del XX secolo, ossia dopo i miei 20 anni. Mi ricordo che in casa contavano molto le diarie delle sedute. Il posto nella CORSI fu un contentino politico che gli fu dato dal partito nel quale militava. Il padre rappresentava nella CORSI i cattolici del partito conservatore, così si chiamava allora il PPD (acronimo per partito popolare democratico), una specie di democrazia cristiana locale. In linea di massima tutti i conservatori avrebbero dovuto essere dei cattolici in politica ma c'erano cattolici e cattolici. Il padre era vicino in parte, in certi momenti,  alla curia vescovile perché era ossequioso di qualsiasi autorità. Lo era in quegli anni; Non saprei dire se era un cattolico del centro politico oppure un cattolico della destra politica. A quei tempi, inizio degli anni 60, nel Ticino non c'era ancora né la Lega dei Ticinesi fondata più tardi da Giuliano Bignasca, né CL (acronimo per Comunione e Liberazione). Il paesaggio politico era animato da tre partiti : quello liberale-radicale, quello socialista e e quello appunto conservatore. I tre partiti erano già in crisi come si scoprì in modo lampante nel corso degli anni 70. Compito di mio padre nella CORSI era dunque quello di fare valere e di difendere il punto di vista e le opinioni del mondo cattolico ticinese in seno alla radiotelevisione della Svizzera italiana dove c'era un  dominio schiacciante  liberal-radicale ( la maggioranza allora) e socialista. Non so se il padre fosse consapevole del ruolo della radiotelevisione della Svizzera italiana. Con me non ne ha mai parlato. Di sicuro voleva evitare che quell'ente diventasse un covo liberale-radicale o peggio ancora, per lui,  socialista o cripto-comunista. Non so se ne ha parlato  con i fratelli e le sorelle. Sapevo che andava alle riunioni, che le diarie erano benvolute dalla mamma, che si recava a Berna malvolentieri, almeno nei primi anni, ma non ho mai parlato con lui  del fondo del problema. In casa, la faccenda della CORSI aveva poca rilevanza ed era soprattutto percepita come un ripiego, una questione di posti  di lavoro da distribuire tra i tre partiti maggioritari, una chiave di ripartizione dei posti da difendere. Il suo compito era proprio quello di garantire che una determinata proporzione di posti fosse assegnata a persone con una sensibilità direi democristiana.

Mi chiedo cosa voterebbe ora. La sua scelta sarebbe stata dettata dalla curia e non so quale sia il parere odierno della curia ticinese sulla CORSI. A prima vista avrebbe potuto schierarsi per il no a NOBillag ma avrebbe anche potuto votare per il si a NOBillag, tirandosi la zappa sui piedi. La sua posizione sarebbe stata del tutto inconfortevole, come del resto accade a tutti coloro con posizioni ambigue. In fondo lui era agnostico in materia e si sarebbe lasciato influenzare da altri. Se la curia o qualcuno delle sfere ecclesiastiche non lo avesse pilotato a contare per lui sarebbe stato il parere o il calcolo della moglie, ossia di mia madre. A lei importavano i soldi ma lei era anche una persona di estrema destra che non ascoltava mai la radio ( come del resto il padre).