dimanche 31 janvier 2021

Tasc

 "Tasc"  mi chiamavano i compagni di classe alla scuola magistrale cantonale, a Locarno, accanto alla chiesa di San Francesco. In quella scuola  ci era andato  mio padre e anche mio nonno, entrambi insegnanti, maestri come si diceva nel Ticino. Dovevo avere tra i 15 e i  19 anni. "Tasc" era il mio soprannome. Voleva dire brutto: brutasc in dialetto locale. Si è mantenuta la sillaba finale. Poco per volta quando rispondevo ad una domanda di un  professore in classe oppure quando ero interrogato iniziava il bisbiglio che poi diventava un'ondata sempre più forteche veniva dalla classe. Tutti o molti dicevano "tasc". Ero un secchione, lo confesso. Riuscivo benissimo a scuola. Secchione era colui che studiava molto.Troppo. Studiavo come una brutta bestia e non giocavo con nessuno; Non andavo a ragazze, non fumavo di nascosto con i compagni, non facevo il filo alle negli dei professori, uscivo dal  Convitto incluso nella scuola  prestissimo al mattino per andare in chiesa a confessarmi, da un prete che poi si è rivelato un sozzone. Confessavo sedicenti masturbazioni notturne, pensieri loschi di sesso con le donne, di immagini di sesso femminile che non avevo mai visto e che dovevo fantasticare; Ero sempre perdonato. La chiesa, Sant'Antonio, era vicina alla scuola. La si raggiungeva in quattro e quattr'otto. Tasc era il diminutivo di brutto. Studiavo da brutto. Questo era l'unico modo per me di vivere, non potevo fare altro con l'educazione casalinga che avevo ricevuto, quella di un buon cattolico. Poi l'esempio del padre esaltato dalla moglie , mia madre.

Ho finito di leggere il libro di Ivan Jablonka: Un garçon comme vous et moi, pubblicato da Seuil.

I libro mi ha indotto a pensare  alla mia adolescenza, alla mia vita, al cambiamento brutale di rotta, alla distanza dalla via seguita da mia madre e mio padre. I miei non volevano quello che ho fatto e che sono diventato. Per riassumere devo dire che oggigiorno , a più di 80 anni, e dopo un'analisi durata quasi 9 anni ma incompiuta, devo spiegare come mai ho cambiato. Marco Daldini, a Ginevra, un amico di Savosa, un villaggio accanto al mio, mi chiede quasi ogni volta  che ci vediamo; come mai ho cambiato, perché non ho seguito le idee del "sciur maestro" ossia quelle di mio padre, perché sono diventato di sinistra, come riassumo le sue domande, perché non sono rimasto quello di un tempo che tutti si aspettavano e che forse i miei genitori volevano. L'associazionismo cattolico ( l'azione cattolica, gli scout cattolici, la ginnastica cattolica, gli insegnanti cattolici, il partito cattolico)  mi aspettava e mi avrebbe accolto a braccia aperte, ma non sono arrivato,  ho cambiato idea, fortunatamente direi. Adesso mi accorgo che ho pubblicato il testo incompleto. Mi sono sbagliato, ma vado avanti. Il libro di Jablonka mi ha aiutato ad affrontare le parti oscure della mia esistenza. Non ho un archivio, non ho memoria, ma cercherò di ricordarmi il più possibile gli eventi del passato.

samedi 16 janvier 2021

Complotti

 Ci sono specialisti nella fabbricazione di complotti e c'è gente che gongola quando si immerge in un complotto o quando riesce a costruire e a denunciare complotti di ogni genere, soprattutto politici. E' facile inventare complotti ma è molto più difficile smantellarli. Ci sono creduloni in giro. Poco contano i diplomi o gli studi che si hanno fatto. Si crede ai complotti come si crede in Dio. E' una questione di fede per cui ci sono universitari che accantonano la cultura universitaria, quella della razionalità, della verifica scientifica, ahimè molto superficiale, per abbracciare la teoria dei complotti e per costruire complotti.  Il numero crescente delle università e dei laureati ha parecchio facilitato questa tendenza.  Per esempio ci son tesi e laureati iperconvinti che l'incendio di Notre Dame a Parigi, nell'aprile scorso, sia stato provocato deliberatamente da una congiura, ossia da un complotto,  di mussulmani.  Ci sono professori universitari che si fanno un nome con i complotti , che si specializzano in complotti, che formano schiere di studenti nei complotti in cui credono, che scrivono libri sui complotti e che convalidano tesi di laurea se scritte in modo favorevole ai complotti .

La pandemia ha considerevolmente potenziato questa tendenza come lo ha fatto il terrorismo. Il mondo contemporaneo è zeppo di complotti. Per giustificare le denunce di incompetenza nella gestione della lotta contro il COVID19 oppure per giustificare le azioni terroristiche si sono inventati un sacco di complotti . La lotta contro i complotti è impari perché è come lottare contro la fede in Dio. Ogni parola è criticata e messa in un contesto complottistico . Dai complotti non si esce una volta che vi si è entrati. La diffusione delle reti sociali ( Facebook, Twitter, Instagram, per esempio ) ha alquanto facilitato la diffusione delle spiegazioni complottiste.

Tutti i paesi sono vittime di teorie complottiste . L'ultimo caso è l'assalto  a Washington DC.  negli Stati Uniti. Forse non solo negli Stati Uniti ma ovunque si è diffusa in un baleno la teoria del complotto: l'assalto dato al Parlamento statunitense sarebbe stato il frutto di un complotto ordito da cattivissimi agitatori sobillati da Trump. I capi  del complotto non si troverebbero tra la folla che ha invaso la sede del parlamento . I capi sono i malintenzionati. Sono sempre lontanissimi, per cui si possono cambiare a piacimento.

In genere i fautori dei complotti sono anonimi. Spiegano il complotto,  congiungono cause multiple, talora inventate di sana pianta,  ma non si vedono, né si conoscono. I creduloni li seguono; Scrivono messaggi anonimi. Gli agitatori sul terreno, coloro che si rifugiano dietro ai complotti, si vedono solo quando non sono mascherati. Sono in strada e si muovono come disperati. La polizia li insegue con tuti i mezzi a sua disposizione , anche quelli illegali cioè quelli non autorizzati dalle leggi in vigore. La polizia si serve pure dei complotti e talora i complotti servono non solo per convincere ma anche per punire. La presenza della polizia che dovrebbe salvaguardare l'ordine pubblico  e permettere l'espressione del dissenso,  i suoi modi di operare,  suscita altri complotti, ossia altre spiegazioni della situazione vigente con ricorso ai complotti. Il complotto serve a spiegare l'inspiegabile , a non arrendersi facilmente di fronte allo "statu quo", a dare una ragione a cui appigliarsi per spiegare, per conquistare seguaci, adepti. Il complotto è un'armai retorica dei furbi. Si pensa che con un complotto si riuscirà a convincere chi non crede ancora. ll complotto in genere è anche una semplificazione: si produce una spiegazione convincente, semplice, chiara, Dev'essere tale, se si vuole convincere. Purtroppo le situazioni sul terreno , così si dice, sono complicate e non sono affatto semplici come pretendono i fautori dei complotti. Ci  sono pochi ma bene affiatati complottisti, in genere i ricchi,  che difendono i propri interessi i quali sono molteplici, sono imbricati. I complotti possono essere una lotta tra ricchi e poveri, tra possidenti e nullatenenti. Ognuno ha i suoi complotti, ha i propri avversari da combattere e denunciare senza prove o con prove scarse. Quindi si inventano complotti. 

Talora la teoria dei complotti si collega a quella del capro espiatorio. La vendetta non è neppure lontana. Qui si dovrebbe leggere René Girard che ha effettuato analisi dottissime della violenza,  del capro espiatorio e messo in evidenza le basi religiose di questi fenomeni. Non vado fin  lì. Mi basta segnalare René Girard e ricordarlo. Avevo acquistato i suoi libri che sono tutti andati alla biblioteca del DFA della SUPSI a Locarno.

Ho sentito l'altro giorno  per la prima volta Emmanuel de Waresqueil , prof all'Ecole  des Hautes Etudes di Parigi. Era  una emissione di France Inter . De Waresqueil è uno storico che ha scritto moltissimo sulla rivoluzione francese. ll pretesto per l'intervista fu il suo ultimo libro: "La France entre en révolution. Sept Jours:17-23 Juin 1789". Titolo molto allettante. In realtà si è parlato di complotti e complottisti, di Gilets Jaunes e del loro fallimento, di anonimato nelle reti sociali, di democrazia. Secondo De Waresqueil i complotti ci sono sempre stati. Complottare è una costante della storia dell'umanità. Non solo la rivoluzione francese è il frutto di numerosi complotti , ma persino quella americana. L'assalto  al Campidoglio a Washington è un fatto banale. I veri campioni degli attacchi e delle invasioni al Parlamento sono i Francesi. Nell'Ottocento l'"Assemblée Nationale" è stata invasa più volte.Lo storico ne ha indicato le date. L'assalto al Parlamento non è dunque una novità. Quanto successo a Washington è stato amplificato dalle reti sociali e dalla TV che hanno permesso di vedere in diretta ovunque quanto succedeva nella capitale federale degli Stati Uniti e ai rivoltosi di farsi vedere nelle fogge più comiche ed anche più brutte di questo mondo. Non c'è dubbio che a Hollywood , nel cinema, sanno inventare sceneggiate migliori. A Washington non si trattava di una sceneggiata. si faceva sul serio e ci sono stati dei morti di mezzo. Il complotto non è riuscito ma il Campidoglio è stata occupato.