mercredi 30 octobre 2013

WISE13

WISE è l'acronimo per "World Education Summit" che si tiene a Doha, Qatar dal 29 al 31 ottobre di quest'anno.  Circa 1000 partecipanti di più di 100 paesi partecipano a quest'incontro dedicato alle politiche scolastiche, per discutere delle tendenze in corso, delle modalità di cooperazione tra paesi, allo scopo di offrire alle nuove generazione un'istruzione migliore . La descrizione di questo summit che si è tenuto anche lo scorso anno  a Doha  si può consultare all'indirizzo seguente http://blog.web20classroom.org/2013/10/the-world-innovation-summit-on.html oppure nel sito ufficiale dell'incontro: http://www.wise-qatar.org/content/wise-initiative#tabslink-3. Una ricerca su Google fornisce diversi indirizzi per sapere cosa capita a WISE13. I dibattiti possono essere seguiti in diretta su Internet. Il tema di quest'anno è "Reinventing education for Life". Il presidente dell'incontro è lo sceicco  Abdulla bin Ali Al-Thanidell della Fondazione del Qatar.

Quest'incontro è pomposamente presentato come la "Davos dell'istruzione" . Si tratta dell'ennesima trovata internazionale per promuovere la scolarità nel mondo. Non tutti sono invitati, non tutti possono permettersi il soggiorno a Doha. Succede la stessa cosa che a Davos. Grossi nomi tra i relatori ( per esempio Edgar Morin), interlocutori di rango  ben pagati che intervengono a presentare le loro teorie scolastiche e sociali, incontri dietro le quinte tra ricercatori di grido e alcuni responsabili politici dell'istruzione. 

Occorrerebbe molta pazienza per sapere chi è presente a quest'incontro. La lista dei relatori  si trova qui: http://www.wise-qatar.org/wise-2013-speakers-and-moderators. A prima vista, sembra che le grandi organizzazioni internazionali che si occupano da decenni di politiche dell'istruzione non siano presenti come attori principali, tranne l'UNESCO con la Segretaria Generale. Ma l'UNESCO , come tutti sanno,ha bisogno di soldi. Ci sono alcuni esperti della Banca Mondiale ma nessuna figura di primo piano. L'OCSE è assente. Anche sul piano politico non ci sono personaggi di rilievo ( penso per esempio a una figura come Tony Blair) e assenti sono pure gli attori dei principali dei principali centri di ricerca scientifica sull'istruzione. Tra gli Europei mancano gli Italiani, gli Spagnoli ,  i Greci mentre invece ci sono i Francesi, ma non quelli ad alto livello ( per esempio il ministro dell'istruzione). Compaiono pochi Inglesi. La messa in scena è grandiosa, direi pomposa, ma da quanto si riesce a capire manca una visione prospettica e politica, non si presenta nessun scenario per il futuro.

Soldi nel Qatar non mancano per organizzare un circo simile. Ci si può chiedere a cosa serva quest'ennesimo show internazionale . Si tratta senz'altro di un caso esemplare della mondializzazione dell'istruzione scolastica, un prova di forza dei sistemi scolastici per unirsi e difendere le proprie posizioni. Con iniziative simile e con queste forze economiche in campo si può ritenere che occorreranno decenni per modificare i servizi scolastici di stato.

Poco per volta i partecipanti al loro ritorno oppure direttamente dal Qatar in questi giorni via Internet faranno conoscere le loro scoperte, riveleranno quanto si è discusso, racconteranno quanto hanno sentito, esprimeranno il loro entusiasmo. 

lundi 28 octobre 2013

Valutazione delle scuole

Leggo questa mattina nel sito L'Expresso http://www.cafepedagogique.net/lexpresso/Pages/2013/10/28102013Article635185407102561358.aspx la presentazione di un libro coordinato da Christian Maroy che ha insegnanto a Lovanio , poi a Montréal ed ora sembra sia ritornato a Lovanio. Maroy è un economista e come molti altri economisti si occupa del servizio scolastico perché i pedagogisti si interessano di altre faccende. Titolo del libro: "L'école à la preuve de la performance". Il sito non indica l'editore che si ritroverà presto o tardi su http://www.amazon.fr.
Il volume mi sorprende subito per varie ragioni. Ne espongo alcune. In primo luogo confonde , come spesso capita nell'area francese, indicatori dell'istruzione e valutazione delle scuole. Orbene si tratta di due strumenti diversi.
 In secondo luogo si limita ad alcuni casi di sistemi scolastici: Francia, Belgio, Ungheria, Svizzera. Cita gli Stati Uniti, forse anche l'Inghilterra, i Paesi scandinavi, la Nuova Zelanda. Non lo so perché non ho il volume tra le mani.
In terzo luogo è privo di visione storica: il Belgio, in particolare quello francofono, è presente e attivo nelle valutazioni internazionali da decenni; la Svizzera invece è del tutto una neofita. L'Ungheria ha, come il Belgio, una lunga tradizione in materia di valutazione.

Come detto poco fa, non ho il libro sottomano ma espongo queste considerazioni basandomi sull'intervista che L'Expresso ha fatto al compilatore del volume e da quanto da lui detto. Il panorama internazionale è stato delineato, se ho ben capito , da Nathalie Mons , ora a Grenoble, che un decennio fa aveva prodotto una tesi eccellente a Digione sulla valutazione. Talune affermazioni ripetute da Maroy sono corrette ma l'impianto del volume mi sembra davvero traballante. Se penso alla Svizzera, dove ho lavorato diversi anni sia prima di andare all'OCSE sia dopo, come direttore dello SRED di Ginevra, resto di stucco nel vedere coinvolta Monica Gather Thurler dell'Università di Ginevra. Negli ultimi otto anni passati a Ginevra (dal 1997 al 2005) non ho mai visto questa collega occuparsi di valutazioni internazionali, di valutazioni comparate, di insieme di indicatori comparati, di valutazione dello spazio scolastico elvetico proprio mentre negli stessi anni in Svizzera si tentava di mettere in piedi un apparato nazionale di valutazione detto Harmos e si facevano sforzi per trovare risorse che permettessero di partecipare alle indagini internazionali come PISA, IALS, ALL, oppure quelle dell'IEA. Confesso che faccio fatica a capire come si possa discettare di una questione senza essersene occupati.  In ogni modo, per quel che riguarda la Svizzera, prima del secondo conflitto mondiale, Piaget e Bovet ,come rappresentanti della Svizzera, probabilmente invitati dalla Carnegie Foundation ( non ho le prove) avevano partecipato a incontri preliminari transatlantici per impostare la valutazione comparata. Si erano ritirati dal progetto dopo cinque anni se non erro perché non ne condividevano le finalità.
Forse sarebbe bene aprire gli orizzonti, quelli geografici e quelli teorici, quando si affrontano questi temi.

samedi 5 octobre 2013

La scuola media unica compie 50 anni in Italia

La scuola media unica italiana, oggi classificata come insegnamento secondario di primo grado, festeggia il cinquantenario: fu creata nel 1963. Lo ricorda l'ispettore scolastico Giancarlo Cerini con un post su Facebook che allude ad un convegno di celebrazione tenutosi a Pescara il primo e due ottobre. Ecco il post di Cerini:

"A Pescara, 1-2 ottobre2013, Convegno del Cidi sui 50 anni della scuola media unica (1° ottobre 1963). Una ricostruzione della storia, delle sfide, degli impegni, della scuola che ha elevato il profilo culturale della popolazione italiana, ha aperto nuove opportunità educative, ha rappresentato una palestra di cittadinanza e democrazia. Il rammarico è che oggi, a distanza di 50 anni, la terza media è ancora l’ultimo luogo educativo dove ragazzi/ragazze stanno tutti assieme: dopo, i loro destini formativi, culturali, sociali si divideranno irrimediabilmente (troppo presto, nonostante l’obbligo portato a 16 anni). Questo richiede un impegno “supplementare” –ma la scuola di base non si è mai tirata indietro- per rafforzare la formazione dei ragazzi a 14 anni, tenendo presente il profilo del 14enne delineato nelle Indicazioni/2012, i curricoli verticali in progressione, una valutazione effettivamente formativa, il nuovo contesto dell’istituto comprensivo. ..."

Ci sarebbero molte cose da dire sulla scuola media unica italiana ed alcune sono state espresse un paio di anni fa in un documento della Fondazione Agnelli. A quei tempi, ossia nel 1963,  ero troppo giovane per capire il senso della decisione di allora. E' innegabile che l'Italia fu uno dei sistemi scolastici all'avanguardia in Europa  con questa riforma. Infatti , pochi sistemi scolastici hanno compiuto questo passo dopo d'allora. Per esempio in Francia la scuola media unica fu creata soltanto nel 1975 e in Germania si è perfino rinunciato a generalizzare le "Gesamtschulen", che sono l'istituzione equivalente della scuola media unica. Un simile atteggiamento fu seguito dai cantoni elvetici dove soltanto a Ginevra fu creata in quegli anni una specie di scuola media unica dagli 12 ai 15 anni. Più tardi anche nel cantone di lingua italiana, il Canton Ticino, confinante con la Lombardia e il Piemonte, fu realizzata la scuola media unica, non tanto grazie a quanto successo in Italia ma piuttosto grazie all'influsso ginevrino e a una lunga battaglia sull'uguaglianza scolastica e sulla giustizia sociale di fronte all'istruzione. Un Cantone alpino, vallonato, rompeva in Svizzera, come a Ginevra, città-stato, una tradizione pluridecennale di privilegi e di selezione arbitraria degli studenti che erano costretti, se volevano proseguire negli studi , a spostarsi in alcuni centri urbani dopo la scuola elementare quinquennale. Non era una cosa da poco in mezzo alle Prealpi.


Non sono sicuro che il trionfalismo emergente dal post di Cerini sia del tutto valido. Esistono poche prove sull'efficacia e l'equità della scuola media unica. Quando ero a Ginevra esistevano 15 scuole medie uniche (dette "collèges") e due di queste erano veramente uniche come  lo sono quelle italiane: tutti assieme, per tre anni. Eppure, agli inizi del 2000 nessuno aveva mai comparato i risultati delle scuole media uniche-uniche, dette "collèges hétérogènes",  con quelli delle altre tredici scuole. I miei ricercatori l'hanno fatto. Sono stati pubblicati tre volumi nei quali si descrivevano vantaggi e svantaggi di un modello rispetto all'altro. I lettori francofoni possono rivolgersi allo SRED di Ginevra per leggerli. Eccellenti indagini, anche se limitate per certi versi, ma assai complete. Emergeva che non c'erano grandi differenze tra i due modelli , ma si dovrebbero rifare queste indagini sempreché ci siano ancora i "collèges hétérogènes" per compararli agli altri "collèges", ossia alle scuole medie all'interno dei quali non tutti gli studenti stavano assieme nelle stesse classi ma erano ripartiti per indirizzi, per filiere, per sezioni di eccellenza o solo manuali. Non lo so. Molte cose sono cambiate all'estremità del Lemano dopo d'allora.

A distanza d'anni mi farebbe piacere leggere un'indagine sulle origine della scuola media italiana, sulle modalità seguite per realizzarla, sui costi, sulle risorse umane e finanziate stanziate allora, sui corsi per formare gli insegnanti, sul sostegno, sui gruppi che hanno formulato i programmi del primo triennio, insomma sulle condizioni materiali e sui risultati conseguiti in termini di apprendimenti, di scolarizzazione. Qualcosa esiste, ma molto vago, nebuloso, impreciso. Forse occorre costruire questi indicatori per capire la percentuale odierna della dispersione scolastica, quanto succede dopo il triennio, quanto tutti "si dividono irrimediabilmente" come dice Cerini.

mardi 1 octobre 2013

Valutazione del servizio scolastico statale in Italia

Sono sempre stupito nel leggere i numerosi interventi sulla valutazione che appaiono in diversi forum sulla scuola italiana esistenti in rete e su vari giornali italiani, cartacei o meno. Si parla per partito preso e non si precisa che in Italia manca pressoché totalmente una scuola della valutazione, che formi valutatori scolastici competenti. Il numero di studenti italiani che intraprendono una laurea di ricerca sulla valutazione scolastica è esiguo. Pochissimi studenti si specializzano in questo campo. E' del tutto assente una comunità scientifica italiana della valutazione scolastica.
Nelle pubblicazioni spesso si mescola la rava e la fava: la valutazione degli insegnanti, la valutazione dei dirigenti scolastici, la valutazione delle scuole, la valutazione degli studenti, la valutazione del sistema scolastico, quello paritario incluso. Orbene, queste valutazioni sono diverse l'una dall'altra. Si afferma talora in modo perentorio che l'istruzione scolastica, l'insegnamento, sono di per sé non valutabili e quindi si chiude la porta a qualsiasi progresso  scientifico, come se si potesse fare a meno oggigiorno degli antibiotici. Quando ero bambino la penicillina era una rarità e i bambini morivano come mosche. adesso ci sono antibiotici di ogni tipo che guariscono da gravi infezioni e salvano moltissime vite.
Qui mi limito a parlare della valutazione del servizio scolastico statale il quale non si ferma alla valutazione dell'istruzione formale alla fine dell'insegnamento secondario di secondo grado. Ci sono inoltre vari modi di valutare ma mi sembra che  in molti interlocutori italiani la valutazione non sia che quella empirica basata su prove strutturate , che taluni ancora chiamano quiz, in talune discipline  i cui risultati sono  analizzati in maniera matematica.
Vorrei solo ricordare che la valutazione è una scienza, che questa scienza non è perfetta ma che è perfettibile secondo modalità tipiche del lavoro scientifico, che questa scienza ha una storia alle spalle, che se da un lato si compiono errori dall'altro si registrano anche progressi. Sulla valutazione del servizio scolastico statale esiste un dibattito teorico ed uno metodologico. In mancanza di una scuola di formazione sulla valutazione, in Italia si dibatte alla grande con voli pindarici strabilianti. Occorrerebbe invece mettersi al lavoro, rimboccare le mani, comparare i risultati, rifare le valutazioni, incitare il MIUR a calmarsi con le sue richieste, a ponderarle prima di imporre per decreto valutazioni di ogni genere e formare i valutatori. Ci vorranno almeno una decina di anni per giungere ad ottenere la presenza di un nucleo critico di valutatori del servizio scolastico statale. Anche la valutazione del servizio scolastico statale è una scienza democratica, una scienza dei cittadini che si interessano di istruzione e formazione, una scienza che non esclude gli insegnanti, ma non è compito degli insegnanti pilotare le valutazioni del servizio scolastico nel quale operano e dal quale sono retribuiti.