dimanche 16 juin 2013

Fred Buscaglione

Domenica, 16 giugno: per caso nel pomeriggio guardo RAI 3 TV accesa e sullo schermo appare Fred Buscaglione. Immagini in bianco e nero che ricordo benissimo. Era il lontano 1956. Nel convitto dell'Istituto Magistrale di Locarno, dopo cena, in una saletta contigua alla sala da pranzo, con alcuni compagni si andava a vedere e ascoltare una trasmissione in bianco e nero della RAI ( allora la TV era solo in bianco e nero) su Fred Buscaglione. Eravamo impressionati dalla novità, dall'originalità di quella musica, di quelle canzoni e del suo stile d'interpretazione. Qualche anno dopo sono arrivati Modugno e Lucio Battisti.

Non ricordo più i nomi dei compagni con i quali seguivo lo spettacolo che era per me del tutto inabituale. In quegli anni ero un cattolico praticante, un militante nell'azione cattolica, ma le canzoni, la musica di Fred Buscaglione mi affascinavano benché le recepissi come scandalose. Non ho più scordato da allora, ben 57 anni fa, "Eri piccola, piccola così", " Che bambola", " Guarda che luna", "Teresa non sparare", " Una sigaretta". Appena ho potuto,  ho acquistato un CD di Fred. Ho scoperto oggi che la casa editrice Cetra aveva rifiutato inizialmente di produrre dei 75 giri di Buscaglione che non era considerato un cantante. Il successo popolare di Buscaglione, iper-censurato, è dovuto ai juke-box.

Non capivo un gran che di quelle canzoni che cantavano la malavita, l' amore, le amanti, i soldi, la vita notturna di Torino né comprendevo molto quella  musica, oppure, sarebbe preferibile dire, ne capivo assai bene il senso, il valore trasgressivo:  sesso,  donne, amore, fumo, alcool erano per me allora realtà proibite al punto di essere incomprensibili. Dopo la prima cotta avevo cancellato dentro di me perfino il senso di " desiderarti tanto", non sapevo , non potevo dire a una ragazza, a una donna  " Che bella cosa sei", oppure semplicemente esclamare " Che Bambola!"ed  immaginare che una donna poteva essere un accumulo di curve. Ma certamente nell'inconscio  captavo qualcosa di tutto ciò al punto di non averlo mai scordato.

Buscaglione mi piace ancora oggi , mi commuove. Forse adesso ne afferro in parte anche l'importanza musicale nella storia della canzonetta italiana.  I suoi grandi successi si trovano su "You Tube". Nel 1956 ero a Locarno, cittadina provinciale. Non ero mai stato né a Torino, né a Milano. Non avevo la minima idea di cosa fosse una città industriale. Milano e Torino ci erano presentate dai professori come delle metropoli da sogno. Ho scoperto molto tardi che metropoli non erano affatto e che oggigiorno lo sono solo in parte. Non sono comparabili né a Berlino, né a Parigi, né a Londra, né a New York, tanto per citare qualche esempio. Ma erano senza dubbio incomparabili rispetto a Locarno.

Così oggi pomeriggio altro tuffo nel passato remoto, nell'adolescenza disperata e deprimente di un ragazzo di provincia. Mi fa bene ascoltare Fred Buscaglione, scoprire nella sua band l'eco della musica americana, del jazz, della vita pulsante di miseria, tradimenti, povertà, ricchezza, gelosia. L'avessi capito allora!

samedi 15 juin 2013

Chega de Saudade.

Un brano che anni fa suonavo al sax e che so ancora canticchiare. Adesso non suono più il sax perché nella casa in cui abito non si può. Manca l'isolamento. Sensazione di tristezza. Mi è venuta di colpo stasera, mi ha penetrato, dopo avere letto la decisione della società dei docenti svizzeri di opporsi alle esigenze del programma Harmos per quel che riguarda il coordinamento dell'insegnamento delle lingue straniere nelle scuole primarie dei sistemi scolastici elvetici. Argomenti deboli, reazione tardiva.

Non spiego cosa è il programma Harmos. Chi conosce la politica scolastica elvetica sa cosa sia. Per me è una follia, ma non entro in questa discussione. Di solito non penso più alla politica scolastica elvetica ed ho rimosso anche quella ginevrina dove ho passato gli ultimi otto anni della mia vita professionale. Sono lontano da Ginevra da ben otto anni ed ho rimosso tutto. Come ho già avuto modo di dire in questo blog gli anni ginevrini per me non sono stati affatto rosei. Vorrei starmene alla larga , scordarli, ma mi accorgo che ogni tanto riaffiorano di colpo. Non posso cancellarli. Sono dentro di me, nel bene e nel male, concorrono a fare di me quel che sono ora, con le mie idee sulla politica scolastica e la ricerca scientifica sull'organizzazione ed il funzionamento dei sistemi scolastici. Sono un tassello della mia "Weltanschaung". Per non offendere nessuno, spero di riuscirci, tengo per me gli apprezzamenti sul mio vissuto elvetico, quello degli anni 70 e poi quello della transizione dal ventesimo al ventunesimo secolo. Però questa sera quella voragine si è riaperta, di colpo. La lettura della notizia riportata dal Corriere del Ticino nonché la lettura di alcuni tweet scritti da abbonati al mio indirizzo mi ha fatto provare la sensazione di tristezza che posso calmare solo ascoltando "Chega de Saudade". Tante speranze deluse negli anni della cosiddetta vita attiva; la fine ormai prossima con la lucidità di un mondo che ho lasciato, che ho tentato di cambiare e che invece è rimasto quel che era.

Un paio di settimane fa ho dovuto rivedere un'intervista sulla mia formazione professionale realizzata nell'ambito di un progetto europeo, curata da un ricercatore francese che sarà pubblicata su una rivista francofona tra qualche mese. Anche questo tuffo nel passato è stato doloroso: ho dovuto spiegare cosa ho studiato, in quale università, in quali anni, come sono giunto all'OCSE, come mai mi sono occupato di indicatori senza avere nessuna competenza statistica, quali sono stati i fattori del successo del programma INES e della pubblicazione "Uno sguardo sull'educazione" ( "Education at a Glance"). Sono stato costretto a guardare al mio passato remoto, ai successi  e agli insuccessi. Stasera sono triste e guardo la serie TV USA Mad Men, stagione 2, episodio 2 " Flight 1" mentre cerco di capire quanto ho vissuto anni fa in riva al Lemano e all'Ara, il fiume che passa sotto il Palazzo federale a Berna. Ma la sensazione di tristezza non passa.