vendredi 4 janvier 2019

Collera dei "gilets jaunes " in Francia

Adesso forse la rivolta che ha agitato i media francesi in dicembre  e che ha messo a soqquadro una parte delle principali strade francesi  e delle piazze più famose di Francia è finita nonostante una coda possibile detta l'atto VIII previsto per il  5 gennaio di quest'anno.  Nel braccio di ferro tra governo e manifestanti l'ha però spuntata il governo, la forza dello stato. Si può cominciare a riflettere.  Dopo avere letto molti articoli e molti commenti anche brillanti pubblicati sulle reti sociali , dopo avere discusso e ascoltato svariati pareri e analisi espressi da amici si può tentare di dire qualcosa in merito, senza  nessuna pretesa per altro di fornire una chiave di lettura definitiva.

In primo luogo scarto alcune spiegazioni semplicistiche che ho coltivato a lungo, almeno agli inizi della protesta, e che molti hanno continuato a  formulare. La protesta non è un fatto culturale francese e non è nemmeno connessa ad un aumento delle tasse sulla benzina.Non è un fatto culturale francese: talune menti hanno lo hanno sostenuto. Una volta nella vita si deve manifestare in strada, questa è una iniziazione da operare, non c'è manifestazione senza danni, tutto ciò è scontato, succede ogni anno, deve succedere . Orbene,  nella manifestazione ho visto scendere in strada, occupare i raccordi anulari, persone anziane, gente proveniente da tutte la categorie sociali. La fotografia sociologica dei manifestanti non corrisponde a quella della popolazione che scende in strada per abitudini ancestrali. Il popolo francese ogni tanto manifesta violentemente e le istituzioni statali sono vaccinate a questo genere  di protesta che può anche creare fastidi , per esempio quando si gettano tonnellate di letame puzzolente davanti ai palazzi del potere oppure quando si bloccano le autostrade con una gamma di operazioni che tutti conoscono o si rovesciano tonnellate di prodotti agricoli davanti ai supermercati, o si distruggono radar stradali che misurano la velocità delle automobili. Questa volta però a manifestare è un altro genere di pubblico. Non è una classe sociale.

C'è poi la faccenda della benzina. La protesta è scattata quando il costo della benzina è salito alle stelle ( qui in Francia sopra 1,50 € /litro). Un prezzo alto ma sopportabile; alto perché sulle benzine lo stato preleva molte tasse. Il problema però non è nemmeno questo, ed infatti è scomparso dalle rivendicazioni . Come tutti sanno in  Francia c'erano e ci sono tuttora alcune note aziende automobilistiche. Le marche automobilistiche francesi hanno dato lavoro a migliaia di operai, sono state la fucina della classe operaia. Le aziende automobilistiche hanno potuto ricattare lo stato e gli enti che gestiscono il potere  offrendo posti di lavoro oppure aumenti salariali centellinati per ottenere in cambio provvedimenti favorevoli al traffico su strada. Questa situazione sta per terminare.Una dopo l'altra le marche francesi d'auto sono sparite, le fabbriche hanno dovuto chiudere i battenti, molte sono state perfino smantellate e il numero di operai attivi nella produzione automobilistica è stato ridotto in modo significativo . La produzione di automobili e di pneumatici ( si pensi qui a Michelin) ha dovuto fare i conti con altri parametri. Le catene di montaggio sono quasi scomparse. La classe operaia, o quel che resta, non è più composta in maggioranza di persone che lavorano nelle fabbriche di automobili. Anche l'epoca del motore termico è giunta alla fine mentre inizia l'epoca del motore elettrico. Queste trasformazioni ( e altre connesse) modificano profondamente il quadro della produzione e l'organizzazione del lavoro nelle fabbriche di automobili. E' difficile dire , dimostrare , chi ha più influenza:  se i padroni delle grandi fabbriche e chi finanzia lo sviluppo delle fabbriche ( ossia i capitalisti, con un termine in voga anni fa) oppure s lo sono i dirigenti politici? Gli uni creano posti di lavoro. Seppure pochi, anche solo alcune migliaia di impieghi, in una società che lotta con ogni mezzo contro la disoccupazione,questi pochi contano per un dirigente politico. Ecco perché  per ora il traffico su strada resta al centro della vita economica e sociale. Non è un caso se i manifestanti hanno occupato i crocicchi stradali e i raccordi anulari. Le vie di comunicazione stradale  sono ancora centrali. Il trasporto su strada di persone o di merci è tuttora dominante. In ogni modo l'aumento del costo della benzina e del diesel è stata sì la scintilla che ha fatto scoppiare la protesta ma poi questo elemento è passato in secondo piano e si è capito che la protesta era contro una politica decennale di favoritismi verso la aziende automobilistiche che ha costretto gli abitanti delle zone rurali ad acquistare automobili per spostarsi. Non si riesce a vivere nella Francia rurale senza auto.

La violenza urbana, i saccheggi. Simili per certi versi ai "blake blocs" sono in Francia i  " casseurs" (esiste una parentela tra blake blocs e i "casseurs"?):  persone che sfruttano le manifestazioni di dissenso tollerate dai governi per spaccare tutto quanto capita loro sottomano, che attaccano le forze di polizia e dello stato, che picchiano, che si servono  delle manifestazioni per fare disastri, che si compiacciono, che provano piacere,  ad attaccare, ad incendiare, a rompere vetrine, a penetrare nei negozi e a svuotarli, che si infiltrano tra i manifestanti, che ne adottano in un primo tempo gli slogan, gli argomenti  a che a un certo punto invece si distanziano dalla folla che protesta per distruggere tutto. Credono nella violenza estrema, cercano lo scontro , talora professano una visione del mondo, gli danno un senso, hanno un' ideologia e talora non ne hanno. In ogni modo la battaglia tra loro e le forze dell'ordine (quello imposto dallo Stato)  può arrivare a scene estreme di guerriglia urbana. Qui in Francia la gestione dello spazio pubblico da parte dello Stato è un mistero. L'impunità è pressoché la regola. Pochissimi manifestanti subiscono condanne giudiziarie dopo manifestazioni violente di cui sono responsabili con distruzioni varie di supermercati, di palazzi, di centri di comando, di radar stradali, ecc. Molti diventano violenti perché si ritengono impuniti, perché va da sé esprimere il proprio dissenso in quel modo,  e perché la causa della violenza sono i comportamenti delle forze di polizia.  Alla violenza degli uni si risponde con la violenza degli altri. Ed è vero che le forze di polizia suscitano paura , che gli squadroni di polizia non sono la gentilezza di per sé. Quando si schierano, preferisco girare alla larga, evitare di incontrarli. Il loro impiego, la strategia del loro dispiegamento è un altro mistero. Di sicuro i comandanti ne discutono con chi li guida e per finire con i responsabili dello Stato. I poliziotti di base eseguono, picchiano anche loro, subiscono insulti, sputi. Il faccia a faccia con i manifestanti non è un piacere. Restare calmi in questi frangenti è un comportamento assai difficile. Ho vagamente in mente quanto scriveva Pasolini  alcuni anni fa al  riguardo delle forze di polizia in Italia all'epoca delle brigate rosse. I mass media hanno riservato una parte rilevante di spazio a questi scontri. Le immagini fanno impressione. Anche la copertura mediatica. Nulla è però neutro in questa faccenda: né le immagini, né le angolature, né i commenti. In ogni modo tra i manifestanti si sono annidati un sacco di "casseurs".

La povertà: questo è uno degli spunti principali della protesta. La miseria, vivere con 1000 € al mese o giù di lì non è possibile nella società dei consumi  che esiste in Francia e che è stata costruita dai governi anteriori e che è stata auspicata dalla maggioranza della popolazione. Macron offre un aumento di 100 € del salario minimo. Non è una manna . I poveri lo sanno ma 100 € sono tanti per chi guadagna poco e vive con 100, 1500€ al mese. Vivere per consumare oppure consumare per vivere? Una parte dei manifestanti esigeva giustizia sociale, equità ma in effetti auspicava di avere più soldi per consumare di più.  Consumare per vivere dunque, in questo caso, ma non per tutti. Ci sono anche coloro che vivono  senza consumare, che consumano pochissimo. Come dare loro torto? Alcuni desiderano più soldi per consumare di più, per star meglio. In Francia una fetta rilevante della popolazione vive male, fa fatica a sbarcare il lunario, arriva a malapena a metà mese con doppi salari, non trova un appartamento decente, é circondata da gaudenti presuntuosi, non può permettersi grandi divertimenti. Queste persone allo sbando protestano, devono servirsi delle auto perché il servizio pubblico dei trasporti è poco sviluppato ed è stato smantellato nella seconda metà del Ventesimo secolo. La gente è stata obbligata a acquistare automobili per vivere, per lavorare. Consumare per avere l'impressione di vivere. Molti villaggi  si sono svuotati, hanno perso tutto: i bar, la chiesa, il panettiere, la posta, in taluni casi la scuola, il medico generalista.  Gli abitanti di questi villaggi sono storditi, si trovano confrontati a situazioni economiche e sociali difficili e scendono in strada, occupano i crocicchi.  Il governo cerca di aiutare i sindaci , di elargire sussidi ma la borsa a un certo punto è vuota.


Infiltrati: qui si parla di infiltrazione politica. All'inizio i manifestanti pullulavano nelle zone dominate dal Fronte Nazionale ( che ora non si chiama più così ma si chiama "Raggruppamento nazionale"). A questi si aggiunsero coloro che vivono nelle zone controllate dall'estrema sinistra. Tra i manifestanti c'era l'odio verso la maggioranza politica. La protesta ha mobilitato dapprima gli esponenti dell'opposizione politica estrema. Forse è per questa ragione che la presenza dei "blake blocs" nelle manifestazioni parigine è stata relativamente facile. Il movimento dei "gilets jaunes" è diventato  gradualmente un movimento anti-politica. Forse lo era dagli inizi, ma non ne sono certo. I manifestanti rifiutavano il prezzo da pagare imposto da Macron e dal suo governo per modernizzare la Francia come pure  la ridistribuzione dei costi imposta dai dirigenti macroniani e dalla classe politica in genere considerati in gran parte ( ciò non è vero) corrotti, dediti al lucro personale. Una fetta rilevante dell'opinione pubblica non sa come è complicato governare un paese, né si conoscono i benefici dell'Unione Europea o la difficoltà di costruire una sovranità nuova, una realtà politica sopranazionale. Si urla ( nel 1992 , in Francia, il trattato di Maastricht dell'Unione Europea è passato per un pelo, dunque con un'opposizione vivacissima agli accordi europei), si inventano complotti fantastici per spiegare il malessere, si rivendicano soluzioni semplici, comprensibili. Si buttano sul tavolo situazioni locali , frutto di esperienze singole. Questa gente va però ascoltata, ha qualcosa da dire. E' difficile capirla ma si deve fare uno sforzo per comprenderla. La vita democratica è in pericolo e non funziona più (o meglio non disfunzione più) come decenni or sono . Per l'appunto  i manifestanti ritengono di non essere ascoltati, di non essere presi sul serio, di non essere rispettati. Denunciano la presenza di uno iato profondo tra loro e i responsabili politici. Questi interlocutori ( da un lato i responsabili politici e dall'altro i manifestanti ) non si parlano. Gli intermediari che dovrebbero avere la funzione di mediazione ( i partiti politici, i sindacati per esempio) non riescono più a  essere questa interfaccia. Gli uni  (loti manifestanti) non sanno come sia difficile impostare una politica democratica , giusta, efficace, e quanto questa politica costi e gli altri  ( molti politici e molti mediatori) si accontentano di fare i propri affari, taluni di arricchirsi , di stare bene, di disprezzare le condizioni di vita dei poveri diavoli, peggio ancora tra questi c'è anche chi pensa di essere nel giusto, di meritarsi il diritto di sfruttare il servizio pubblico perché si è bravi, si ha studiato di più. Poco per volta i responsabili politici che hanno tentato di impadronirsi del movimento sono stati cacciati ma nondimeno molti protestatari si rifugiano dietro  leaders estremisti di destra e di sinistra. Si scopre che occorre sapere esprimersi per far valere opinioni anche giuste ma percepite in modo confuso e la retorica è un patrimonio di pochi. Nel movimento dei "gilets  jaunes" ci sono persone che rifiutano la politica ma che la denunciano, ci sono però anche figure note con profili estremisti di destra e di sinistra, che soffiano sul  fuoco. Inoltre , con il passare delle settimane , si nota la simpatia di  molti "gilets jaunes"  con l'estremismo di destra, il neo-fascismo, il razzismo. Alcuni personaggi sono noti ma non si sa né da chi sono finanziati, né chi li protegge , né  chi li aiuta. Un tempo il bersaglio era facile  da additare : cinquant'anni fa erano  i comunisti , poi ( da sempre) gli ebrei, poi gli islamici e più in generale gli arabi, e tra gli ultimi arrivati, gli emigranti.

Il sistema decisionale francese è forse uno dei temi scottanti che ha mosso le folle. Nella lista delle rivendicazioni  il cambiamento del regime democratico in vigore in Francia  è palese. Il sistema attualmente in vigore  è stato voluto da De Gaulle, il quale riteneva che la Francia non poteva essere governata che da un apparato politico molto autoritario . Il sistema di governo da lui imposto è assai simile a quello di una  monarchia illuminata, con un parlamento privo di competenze e un sacco di peculiarità che io chiamerei difetti, ma ogni paese ha il suo modo di governarsi. La maggioranza dell'opinione pubblica francese vi fu favorevole per decenni. Molti ne hanno approfittato. Macron ha annunciato che voleva cambiare il sistema decisionale, il modo di governare, ed ha vinto le elezioni. Anche Marie Le Pen e il suo partito un po`razzista e molto sovranista vorrebbe fare le stesse cose con scopi diversi e ora raccoglie la maggioranza dei consensi. Come due anni  fa Macron e la Le Pen sono in testa ai sondaggi che misurano i  favori dell'opinione pubblica. Tesi sovente comuni sulla strategia di governo, obiettivi largamente condivisi dall'opinione pubblica, diversità di metodi per realizzarli.  Intanto lo Stato autoritario voluto da De Gaulle serve ed è utilizzato talora bene talora male da Macron e dal suo staff. Quasi nulla però è mutato in Francia da questo punto di vista.Nell'attesa del futuro si spera che non vinca la reazione becera, il sopruso, la chiusura mentale e che la Francia resti una democrazia aperta.

Collera: è la parola che va di moda. Non credo che il termine sia esatto ma tutti lo usano. E' un "passe partout": i manifestanti esprimono la loro collera, come se la collera fosse passeggera, come se la collera o la rabbia passassero dopo un primo sfogo. Ma non  si tratta di collera , né di rabbia. Forse è furia cieca. E' qualcosa d'altro. La violenza alla quale si assiste ( anche nell'atto ottavo) non è un'esplosione ingiustificata , subitanea, momentanea. Il governo tenta di canalizzare questa esplosione di malcontento che si manifesta con violenze urbane inaudite per un osservatore non abituato a queste forme di agitazione , di soffocare con gli strumenti abituali dello stato che è legittimato a gestire la forza, questa furia . Si parla anche di rispetto, di ascolto , quando si rinuncia a ricorrere al  termine collera. Ma si tratta invero di qualcosa d'altro e il dialogo non si intreccia. Gli uni cercano di farsi capire e gli altri invece vorrebbero canalizzare entro le forme tradizionali dei rapporti istituzionali l'espressione disarticolata, molteplice, del disagio, del malessere. Quando si capisce che non passa nessuna comunicazione la ribellione, la violenza dei manifestanti e quella  istituzionale crescono. C'è da temere il peggio? Forse no. Nessuna concessione sembra al momento suscettibile di calmare le acque. Il governo e Macron potrebbero concedere altri sostegni, modificare la rigidità del sistema francese, cedere qualcosa ma non è quanto i più  avveduti manifestanti vorrebbero. Forse la Quinta repubblica , quella voluta da De Gaulle , cambierà se Macron avrà l'intelligenza di capirlo, e allora tutto si calmerà. La  povertà diminuirà magari di un poco  ma i ricchi continueranno a tenere in mano il potere. Un altro atto della scena sarà recitato senza modifiche sostanziali dei rapporti di forza.