vendredi 31 juillet 2015

A scuola a 4 anni

Ho letto in questi giorni che nella Confederazione elvetica i vari sistemi scolastici adottano di comune accordo l'inizio dell'obbligo scolastico a 4 anni.

Il concordato intercantonale Harmos

Questo è l'effetto del concordato nazionale Harmos che mira , come lo annuncia il nome, a armonizzare gradualmente i sistemi scolastici cantonali ( i Cantoni, ossia l'equivalente delle Regioni in Italia anche se sono molto più piccoli delle Regioni italiane, hanno la competenza totale per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria e la scuola media). Il concordato Harmos fu lanciato subito dopo la pubblicazione dei risultati della prima indagine PISA alla quale non avevano partecipato tutti i Cantoni Svizzeri. Molti Cantoni della Svizzera tedesca avevano rifiutato di autorizzare la campionatura cantonale, mentre invece tutti i cantoni francofoni e il Ticino , solo Cantone italofono, avevano invece partecipato con un loro campione rappresentativo alla prima indagine PISA del 2000. La Confederazione elvetica era pero' riuscita a comporre una campione nazionale rappresentativo  con l'inclusione di quindicenni della macro-area tedesca, dell'area romanda ( questa è la terminologia utilizzata per indicare l'insieme dei cantoni occidentali nei quali si parla il francese) e della macro-area italiana che comprende non solo la popolazione del Cantone Ticino ma anche la popolazione italofona del Cantone Grigioni, il cantone alpino orientale. La logica elvetica era prettamente territoriale. Nel campione italofono non erano inclusi gli italofoni dispersi negli altri cantoni elvetici che costituiscono la maggioranza della popolazione italofona elvetica. Insomma il campione elvetico era un campione bizzarro, ma spetta agli specialisti delle campionature esprimere un parere sull'attendibilità di un tale campione. Fatto sta che anche in Svizzera i risultati dell'indagine PISA provocarono uno scossone quando si capi' che non erano davvero spettacolari nonostante gli investimenti elevati per l'istruzione di base e soprattutto nonostante gli altissimi stipendi versati agli insegnanti. Gli Elvetici vissero allora le ripercussioni di quanto avveniva in Germania: pensavano di avere una delle migliori scuole al mondo e scoprivano che non era affatto il caso. Si doveva fare qualcosa.

Opporsi alla centralizzazione


Siccome uno dei ritornelli ricorrenti della politica elvetica consiste nella lotta tra cantonalismo  e federalismo o per essere più chiari tra centralismo federale e decentralizzazione cantonale  si temette un ennesimo colpo di mano del potere centrale che non ha scarse competenze in materia scolastica per imporre ai sistemi cantonali un modello di istruzione unico tanto più che la Confederazione aveva accettato di pagare le spese per la campionatura delle macro-aree.

Si tenga presente che nella Costituzione elvetica non esiste un articolo sull'istruzione e che l'ultimo tentativo per inserirne uno nel 1973 falli'. L'incubo di un intervento della Confederazione -- questa e' l'espressione usata per designare l'amministrazione centrale -- al fine di migliorare il livello di istruzione dopo l'allarme suonato con la pubblicazione nel dicembre 2001 dei risultati dell'indagine PISA e quindi per imporre regole costringenti a tutti i Cantoni fu reale. A questo punto i Cantoni decisero di prendere la palla al balzo e di prevenire un simile rischio, con un programma, il progetto Harmos per l'appunto, nel quale le autorità cantonali rinunciavano ad una parte di sovranità in materia scolastica e si impegnavano ad adottare soluzioni elaborate di comune accordo per migliorare l'istruzione.

Nei vari cantoni esiste un assessore all'istruzione e tutti gli assessori si ritrovano almeno una volta all'anno per concordare una politica comune. Questa volta si doveva innescare una marcia in più per dimostrare al Parlamento federale e al Senato che i Cantoni erano in grado di auto-governarsi senza ricevere lezioni dal potere centrale. Il gioco sembro' facile perché un'operazione analoga veniva realizzata negli stessi anni in Germania dove i Länder si erano accordati tra loro per restaurare la grandezza della scuola tedesca. Bastava quindi prendere lo spunto da quanto succedeva in Germania e ricalcare la strategia tedesca che era alquanto convincente per una parte della Svizzera tedesca che è anche la parte più rilevante della Confederazione. Si invitarono esperti tedeschi a pilotare come consulenti Harmos. Il che successe puntualmente nel 2004 .
Il concordato intercantonale fu approvato nel 2007 e divenne effettivo con l'adesione di 10 cantoni ( l'adesione era sancita da un voto popolare) il che avvenne nel 2009. I Cantoni firmatari avevano al massimo 6 anni, ossia fino all'inizio dell'anno scolastico 2015-2016 per attuare il concordato. Uno dei provvedimenti consisteva appunto nell'anticipo dell'obbligo scolastico a 4 anni. La scuola per l'infanzia diventava obbligatoria per i bambini che compivano 4 anni entro il 31 luglio.

Le resistenze 

Sette cantoni hanno rifiutato il progetto Harmos e quattro devono ancora pronunciarsi. Non tutto fila liscio dunque anche a livello della Conferenza dei capi di dipartimento della pubblica istruzione ( questa è la denominazione della riunione degli assessori cantonali dell'istruzione che hanno un segretariato permanente. Questa conferenza è nota con l'acronimo CDPE in italiano).

I fautori: personalità in ballo

Tra i promotori di Harmos occorre segnalare Olivier Maradan, romando, che nel 2004 era il vice-direttore del segretariato permanente degli assessori cantonali all'istruzione e che ora è il segretario generale della Conferenza degli assessori all'istruzione della parte francofona della Svizzera e del Ticino. Maradan occupa ed ha occupato  una posizione determinante nell'organigramma della politica scolastica elvetica.  Fu infatti lui a convocare un primo seminario di lavoro a Morat sul concordato intercantonale Harmos e a invitare i  consulenti tedeschi tra i quali il prof. Eckard Klieme che aveva redatto una perizia per la Conferenza tedesca degli assessori regionali all'istruzione sugli standard scolastici divenuta poi il catechismo delle riforme scolastiche in Germania. Gliene che è il direttore del centro internazionale sull'istruzione di Francoforte ( Deutsche Institut für Pædagogische Forschung) fu l'ispiratore di Harmos. Klieme è sempre il direttore del Centro di ricerca di Francoforte e continua a essere uno dei consulenti dell'indagine PISA.

In questa operazione sono coinvolti molti funzionari dell'istruzione pubblica e nessun universitario o ricercatore accademico. Quando nel 2004 Maradan ha lanciato il progetto Harmos, la prof.ssa Linda Allal, Americana di origine che insegnava all'università di Ginevra nel Dipartimento di scienze dell'educazione come esperta della valutazione, ha rifiutato di partecipare al progetto  nonostante la sua perizia in materia di valutazione.

L'obbligo scolastico a 4 anni
 

Questa è una delle novità del progetto Harmos. Si propone di anticipare l'inizio della scolarizzazione in Svizzera dove nella maggioranza dei casi essa comincia a 6 anni e in alcuni casi a 7. Per altro in molti cantoni la scuola per l'infanzia è poco estesa e esiste solo per i bambini dell'anno precedente l'inizio della scolarizzazione. La situazione della scuola per l'infanzia in Svizzera è ben diversa da quella esistente in Italia o in Francia. I promotori di Harmos e la classe politica dirigente elvetica hanno sbandierato questa estensione della scolarizzazione con l'argomento della qualità degli apprendimenti e quello della riduzione delle disuguaglianze. In altri termini si è detto che il modo migliore per elevare il livello di istruzione a quindici anni dopo nove anni di scuola fosse quello di anticipare di uno o due anni l'inizio della scolarità. Orbene, le indagini scientifiche su questo punto (ce ne sono molte) non concordano affatto. Anzi in generale si ritiene che i vantaggi conseguiti con una scolarità precoce si perdano rapidamente. In realtà i benefici maggiori sono di ordine sociale. Anche in Svizzera la popolazione femminile è meno propensa a interrompere o la formazione o le attività professionali quando è coniugata. Le donne credono sempre meno nel modello dell'angelo del focolare, a quello della buona madre di pestalozziana  memoria che si occupa del focolare e dell'educazione dei figli. I risultati dell'indagine PISA sono stati come il cacio sui maccheroni per i responsabili politici dell'istruzione che hanno ritenuto di offrire un servizio accogliente e utile per i pargoli e nel contempo di avocare al servizio scolastico le prestazioni sociali per le famiglie. Un bel colpo. L'operazione ha funzionato e nei cantoni nei quali si è aderito a Harmos a decorrere dall'anno scolastico 2014-2015 l'obbligo scolastico inizierà a quattro anni. Questa decisione è stata presa senza nessuna indagine seria sugli effetti dell'operazione. Ciecamente si è creduto che bastasse rendere obbligatoria la scuola per l'infanzia per ottenere migliori punteggi nei test di comprensione della lettura o di cultura matematica e scientifica a quindici anni. Siccome in molti angoli della Svizzera tedesca come lo comprovano i Cantoni che finora hanno rifiutato di aderire al concordato Harmos circola tuttora il mito della donna angelo del focolare,  il vantaggio procurato dalla scolarità precoce era una carta non indifferente da giocare. L'operazione realizza un sogno di molti pedagogisti , ossia quello della metamorfosi dei bambini in scolari : più presto questa trasformazione avviene migliore sarebbe la scolarizzazione. Mancano le prove di un simile atto di fede. I vantaggi saranno forse evidenti per gli insegnanti dei primi anni di scuola ma finora è nota una sola indagine svolta negli USA su una decina di bambini al massimo provenienti dalle classi sociali povere di benefici a lunga scadenza. Troppo poco.  

mardi 21 juillet 2015

Autonomia delle scuole e responsabilita'

Spesso confondo autonomia con rendicontazione, un termine bruttissimo per rendere l'idea del vocabolo inglese "accountabiity";le scuole devono essere responsabili di quel che fanno , di quanto ottengono. Concordo con questo principio. Ma come? Qui sta il problema.

Per pigrizia  più che per altro spesso ritengo sinonimi i due lemmi che invece non lo sono. Un conto e' l'autonomia e un altro e' la rendicontazione. Ideale sarebbe combinare assieme i due casi, ossia promuovere l'autonomia scolastica e potenziarla con la rendicontazione, ma succede spesso che si rivendica l'autonomia senza rendicontazione  perché' questa andrebbe da se' oppure che si imponga la rendicontazione senza autonomia. Ci sono dunque quattro strategie di politica scolastica  possibili: autonomia con rendicontawione; autonomia senza rendicontawione; rendicontazione con autonomia; rendicontazione senza autonomia.  Per me in Italia sinora si e' promossa un'autonomia senza rendicontazione, un'autonomia spinta direi. Si comincia appena a parlare di rendicontazione la quale si declina con la valutazione ma siccome in Italia la valutazione e' fortemente avversata, specialmente nel Merifione\, il tema della rendicontawione inizia solo ora ad apparire all'orizzonte.
Lo spunto pie questo post vine da un articolo del 2001 di Mike Baker che ho ritrovato per caso nel mio archivio. Baker spiega ai colleghi USA la differenza tra le due strategie, quella dell'autonomia e quella della rendicontazione. Si era allora negli USA agli inizi della rendicontazione con la legge NCLB ("No Child Left Behind") votata quasi all'unanimità' dal Congresso USA nel gennaio 2001. L'articolo e' del 31 ottobre 2001 ed e' stato pubblicato sul settimanale pedagogico USA "Education Week" con il titolo "Accountability vs. Autonomy".

Chi e' Mike Baker? Baker fu un giornalista molto noto in Inghilterra, per decenni incaricato di seguire la politica scolastica inglese per il  servizio scolastico della BBC dopo essere stato invitato come insegnante dall'Istituto per l'Educazione dell'Universita' di Londra. Morto di cancro ai polmoni nel 2012.

Nell'articolo Baker si rivolge ai colleghi USA e li invita a trarre la lezione dall'esperienza inglese dove dapprima Thatcher poi Blair hanno realizzato una riforma scolastica ispirata che combinava rendicontazione e riduzione dell'autonomia, ossia che imponeva un curricolo nazionale alle scuole le quali perdevano quindi parte della loro autonomia e nel contempo realizzava una valutazione nazionale  per essere sicuri che le scuole rispettassero il nuovo curricolo. La strategia inglese mirava a ridurre l'autonomia scolastica tradizionalmente molto ampia , e potenziare i poteri dell'amministrazione centrale imponendo una rendicontazione esigente alle scuole che dovevano dimostrare di applicare i programmi nazionali e di conseguire risultati migliori. Il governo Blair era andato molto avanti con questa politica con l'imposizione di un'ora obbligatoria quotidiana di inglese e di matematica. Una componente importante della riforma inglese fu la creazione di un dipartimento nazionale per l'ispezione delle scuole detto "Office for Standards in Education' noto con l'acronimo OFSTED al quale incombeva la responsabilità' di controllare la qualità' dell'insegnamento. L'OFSTED fu letteralmente odiato dalla maggioranza degli insegnanti. La presenza di ispettori nelle classi fu percepita dagli insegnanti inglesi come offensiva e punitiva.
Per un decennio la riforma inglese ottenne eccellenti risultati come ha dimostrato David Hopkins a un seminario internazionale dell'ADI (http://ospitiweb.indire.it/adi/Conv2006_Atti/Hopkins/Conv2006_Hop_frame.htm). La valutazione impediva alle scuole di imputare tutti gli insuccessi e i loro fallimenti alle famiglie povere. Gli ispettori furono in grado di suggerire agli insegnanti come procedere per ottenere miglioramenti negli apprendimenti. Ci fu pero' anche il rovescio della medaglia. La peggiore situazione fu la pubblicazione dei risultati sui quotidiani con l'indicazione del nome della scuola. Secondo Baker questo fu un vero e proprio disastro.

Una riforma contro gli insegnanti

In ogni modo la conseguenza piu' grave  della riforma e' da associare al fatto che la riforma fu imposta, fu fatta contro gli insegnanti invece che con gli insegnanti per migliorare la scuola. Gli insegnanti furono considerati il capro espiatorio che doveva essere sacrificato, eliminato, per milgiorare le prestazioni scolastiche.   In inghilterra, gli insegnanti non contribuirono affatto alla definizione dei nuovi curricoli o all'elaborazione di nuovi metodi didattici. Tutto cio' ha demoralizzato alquanto il corpo insegnante e ha soprattutto determinato un calo impressionante dei reclutamenti di nuovi insegnanti. La penuria degli insegnanti in Inghilterra e' iniziata con questa riforma, minacciando la qualita' dell'insegnamento cioe' con una conseguenza imprevista che era all'opposto di quanto si mirava ad ottenere.

Penuria di insegnanti

Infatti, a differenza dell'Italia, la prima decade del XXI secolo delle politiche scolastiche inglesi fu caratterizzata dalla preoccupazione di frenare la penuria di insegnanti e dai tentativi di preservare un buon livello di reclutamento dei neofiti.  Non per nulla le organizazioni internazionali si sono proprio occupate di questa faccenda negli stessi anni, a dimostrazione che il programma delle organizzazioni internazionali come l'OCSE nel settore dell'istruzione e' al servizio degli obiettivi delle grandi potenze. L'Italia, per quel che riguarda la formazione e le assunzioni di nuovi insegnanti , e' isolata e non ha ricevuto un grande aiuto dalle organizzazioni internazionali.

In ogni modo la politica scolastica inglese ha disprezzato il corpo insegnante a differerenza di quanto succede in Francia, in Germania, in Svezia o in Finlandia dove gli insegnanti sono un corpo professionale molto apprezzato e rispettato.

Il rischio della svalutazione del corpo insegnante

Nei sistemi scolastici nei quali la rendicontazione e' stata attuata a scapito dell'autonomia si e' verificata una penuria di insegnanti. Questo e' il messaggio che proviene dall'Inghilterra: i dirigenti politici devono coinvolgere gli insegnanti  nelle procedure di riforma scolastica, in tutte le tappe. La strategia politica di riforma scolastica non puo' avere successo contro gli insegnanti, non puo' essere attuata, piacenti o spiacenti, a scapito dell'autonomia professionale degli insegnanti. Si potrebbe obiettare che oggigiorno il livello di professionalita' degli insegnanti non e' del tutto soddisfacente, che tra gli insegnanti ci sono persone che non hanno ne' le qulita' ne' le competenze per esercitare una professione ardua, complessa, esigente, e per certi versi anche rischiosa per la salute. Il risultato della riforma inglese fu la demoralizzazione del corpo insegnante e la svalutazione della professione. Il governo inglese ha operato una svolta radicale nella gestione della scuola: ha ridotto l'autonomia degli insegnanti ed ha potenziato enormemente le competenze del potere centrale.

Cosa succedera' in Italia?

Anche in Italia la riforma scolastica sul tappeto e'  stata  preparata dal ministero senza insegnanti. Occorre anche dire che ovunque le associazioni rappresentative del corpo insegnante , ossia i sindacati dei docenti, non hanno il vento in poppa per una ragione o per un'altra. Il potere scolastico cerca di riprendere in  mano il timone delle riforme dopo averlo ceduto per anni ai sindacati degli insegnanti che facevano il bello e il brutto tempo nei ministeri delle amministrazioni centrali. Colpire i sindacati puo' essere una strategia vincente che si giustifica con decenni di prevaricazioni e di abusi. Ma se si possono colpire i sindacati e escluderli dalle decisioni politiche riguardanti il funzionamento e l'organizzazione delle scuole , non si possono colpire gli insegnanti. L'autonomia richiede un contrappreso: la rendicontazione e quindi la valutazione. Ci vuole un alto livello di autonomia e di rendicontazione per gli insegnanti. Non si puo' impostare una riforma della scuola che preferisca una dimensione al posto dell'altra. O l'una o l'altra. Occorrono entrambe. Questa e' la lezione che si puo' trarre dall'esperienza inglese e da quella statunitense.

mercredi 1 juillet 2015

La scuola nel Cantone Ticino

Quando sono stato nel Ticino a fine maggio, inizio giugno di quest'anno (2015) ho incontrato Emanuele Berger che mi ha regalato una copia del volume "Per tutti e per ciascuno. La scuola pubblica nel Cantone Ticino dall'Ottocento ai nostri giorni" curato da Nelly Valsangiacomo e da Marco Marcacci, pubblicato dall'editore Armando Dado' a Locarno.

Il volume è una specie di storia del servizio scolastico statale nella Repubblica e Cantone del Ticino. Non è né una storia della scuola pubblica nel Cantone  Ticino, né una storia dell'istruzione nel Ticino. Quando l'ho avuto tra le mani ho subito pensato alla Storia della scuola ticinese di Felice Rossi, se non erro un ispettore scolastico. Il lavoro allora fu realizzato su mandato delle autorità scolastiche ticinesi e fu pubblicato nel 1959. Mi sono venute subito in mente le polemiche che aveva suscitato quella storia, le critiche di allora. Il volume di Rossi, credo, sia stato l'ultimo tentativo di narrazione delle vicende dell'istruzione scolastica statale nel Ticino.

Ho riguardato più volte questo volume che è molto diverso, per fortuna, da quello del 59. Mi piace il taglio adottato, la distanza dai pettegolezzi e dall'aneddotica, la serie di saggi tematici. Non mi aggradano le semplificazioni, le riduzioni e le imprecisioni. Non ho letto il volume ma credo di avere capito le intenzioni dei compilatori. Siccome provengo da una famiglia che per un secolo ha vissuto nella scuola ticinese e che ha fornito tre generazioni di insegnanti al servizio scolastico ticinese mi sento coinvolto. Ho insegnato anch'io per sei anni a vari livelli in questo sistema scolastico. Poi sono partito.

Nel saggio di Marco Marcacci  si accenna rapidamente agli episodi nei quali sono stato coinvolto quando ho insegnato all'Istituto Magistrale di Locarno che si chiamava allora Scuola Normale. Marcati  dice soltanto in mezza riga che due professori troppo innovatici sono stati allontanati dalla scuola a seguito delle turbolenze successe allora. Ero uno dei due professori. L'altro era Bruno Segre. Marcacci ha ragione nel dire che eravamo troppo innovativi. Le iniziative prese allora dopo essere riusciti a far partire il direttore della scuola Carlo Speziali che era anche sindaco della città di Locarno erano davvero molto innovative. Forse non sarebbero accettate nemmeno ora. In ogni modo con il collega Segre abbiamo sfruttato le circostanze e impostato un insegnamento delle storia della filosofia e della pedagogia  come ci sarebbe piaciuto, come ci sembrava corretto fare, senza preoccuparci del contesto locale, degli altri insegnanti, della formazione dei futuri docenti e di molte altre variabili. Non è in quel modo che si innova, che si imposta un'esperienza scolastica. Ma c'è sempre un ma. A  quei tempi eravamo in guerra con le autorità scolastiche, l'organizzazione scolastica era squallida, e soprattutto dopo una lunga battaglia siamo riusciti a ottenere il sostegno di una commissione di esperti nazionali e internazionali. A questo punto capii , si era nel 1969, che la mia parabola nel servizio scolastico ticinese era conclusa e ho inoltrato le dimissioni. Me ne sono andato e non sono stato licenziato. Lo storico Marcacci  pudicamente afferma che due docenti sono stati allontanati. Cio' non è vero. Le autorità non hanno avuto il coraggio di licenziarci.