lundi 14 janvier 2013
Formazione professionale in Italia
Da decenni la formazione professionale in Italia è monca, zoppicante, carente.Non si riesce né a correggerne i difetti né a completarla. Manca per esempio la formazione duale, ossia la formazione in alternanza tra scuola e lavoro che è una delle varianti efficaci per frenare la dispersione scolastica ( basterebbe quest'argomento per mobilitare almeno coloro che credono ancora nelle istituzioni scolastiche) e per ridurre la disoccupazione giovanile. Tutto ciò è comprovato da decine di indagini, di sperimentazioni su vasta scala, ma in Italia nulla di tutto ciò. Il sistema scolastico si è accaparrato l'istruzione e la formazione professionale, le università monopolizzano la formazione terziaria.Eppure tanti anni fa non era affatto così. Ho visitato negli anni Cinquanta la scuola per apprendisti dell'Olivetti a Ivrea, un gioiello ormai scomparso. Ci sono ancora per fortuna qua e là reliquie di un passato glorioso, istituti che hanno preservato livelli di qualità eccelsi, ma l'insieme del sistema sembra proprio un maglione con tanti buchi. Molte forze , molti interessi locali congiurano per impedire qualsiasi rattoppo, qualsiasi modifica, nonostante i numerosi segnali d'allarme, gli avvertimenti. Molti oggigiorno ritengono che si debba fare qualcosa ma quando si chiede di precisare questo "qualcosa" nascono gli intoppi. Non si va oltre le dichiarazioni generiche.
Ecco uno degli ultimi segnali d'allarme. Viene da un'indagine del CENSIS uno dei pochi validi centri di ricerca sull'evoluzione della società italiana, pubblicato dalla rivista "La tecnica della scuola" il 13 gennaio scorso. Il titolo dell'articolo era di per sé eloquente: "Il j'accuse delle aziende artigiane alla scuola" :
Indagine del Censis su un campione di 450 imprese con meno di 50 addetti: per il 39,5%, la preparazione tecnica si rivela inadeguata alle esigenze. E tre aziende su quattro ritengono il sistema formativo italiano inadatto ai loro bisogni. Tutti d’accordo, invece, sul rilancio dell'apprendistato.
I brutti segnali che giungono dalle aziende artigiane non riguardano soltanto la bassa produttività e l’alto numero di fallimenti. Ora si scopre anche che per quasi la metà delle aziende italiane la preparazione tecnica dei giovani non sarebbe adeguata alle loro necessità. E per tre su quattro la colpa sarebbe del sistema d’istruzione e formativo. Con il risultato che le aziende artigiane preferiscono assumere over 30.
A rivelarlo è un'indagine svolta dal Censis per conto della Cna su un campione di 450 imprese con meno di 50 addetti. Ebbene, solo il 32% degli intervistati dichiara l'intenzione di ricercare giovani con meno di 30 anni. E se la maggioranza considera la variabile anagrafica ininfluente vi è invece un 15,3% che esprime una chiara preferenza per gli over 30. Il punto dolente è la preparazione tecnica, che per il 39,5% non sempre si rivela adeguata alle esigenze.
È davvero significativo anche il dato che più di 3 imprese su 4, tra quelle che negli ultimi cinque anni hanno ricercato profili da inserire in azienda, sono andate incontro a difficoltà. Per oltre il 42% delle aziende i profili incontrati non possiedono addirittura competenze in linea con quelle richieste. Ben tre aziende su quattro ritengono il sistema formativo italiano inadatto ai bisogni delle imprese. Una carenza rilevata soprattutto dalle imprese più strutturate: infatti, ben oltre l'83% delle aziende maggiori, quelle tra i 20 e i 49 addetti, esprime un giudizio drasticamente negativo sui canali dell'istruzione. Viene promosso invece l'apprendistato.
I segnali positivi arrivano dall’ultimo derivante dall’indagine: più di un imprenditore su tre (36,1%) ritiene che l'apprendistato, con il suo mix di studi teorici ed esperienza pratica fatta in azienda, fornisca ai giovani un buon livello di preparazione. Quell’apprendistato su cui il Governo Monti ha puntato, anticipandone di un anno la fattibilità. E dando anche ragione al Miur, che sempre sotto la gestione Profumo, ha accelerato il processo di avvicinamento del mondo del lavoro a quello dell’istruzione.
L'impostazione di un canale di formazione duale non va da sé, come lo dimostra l'esperienza della Germania, della Svizzera, dell'Austria oppure il fallimento di quanto proclamato in Francia. Non bastano belle dichiarazioni governativa. Occorre rimboccarsi le maniche, impostare negoziati con gli imprenditori e gli artigiani, formare specialisti, creare un "data warehouse", ecc. ecc.
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