dimanche 3 février 2013
Che noia la domenica!
Più di un decennio fa , nel 1998, fui invitato a svolgere una relazione a Lugano alla fine della settimana di formazione per l' apertura dell'anno scolastico degli insegnanti delle scuole primarie del Canton Ticino. Avevo intitolato quell'intervento "Che noia la domenica"! Quel testo, che non ho più riletto, si trova qui: http://www.oxydiane.net/archivio-archives/textes-1998/article/che-noia-la-domenica-luci-e-ombre.
Il titolo era ironico ed era anche autobiografico: domeniche noiose passate in casa o con i familiari, pomeriggi mortali, spesso riempiti parzialmente, almeno quando ero piccolo, all'oratorio di Lugano dove si incontravano centinaia di bambini. Si iniziava con una cerimonia in chiesa di cui non ricordo nulla e poi si passava nella sala cinematografica per vedere grandi film che invece ricordo. Per fortuna fino ad una certa età ebbi l'opportunità di frequentare l'oratorio. Al momento dell'adolescenza invece passavo la domenica pomeriggio in casa, spesso da solo con un pretesto o con un altro, sovente con la scusa di fare i compiti. Il ricordo insomma è quello di una grande noia in attesa del lunedì quando si andava a scuola.
Agli insegnanti presenti che riempivano la grande sala del salone dei congressi di Lugano volevo dire che il lunedì rappresentava un momento magico di festa che incombeva loro la responsabilità di rompere la noia domenicale e domestica , di far sognare come succedeva nella sala cinematografica dell'oratorio, di far evadere dal piccolo mondo antico delle visite familiari obbligatorie per incontrare parenti che non si conoscevano, di sfuggire dagli orizzonti ristretti nel quale si cresceva. Ricordo pochissimi insegnanti che sono stati capaci di farlo. Purtroppo la scuola non era divertente, era spesso altrettanto noiosa della vita domestica. Non erano invece noiosi i compagni, era divertente la strada da percorrere per andare a scuola ma siccome mio padre era insegnante quella strada la percorreva anche lui ed ogni tanto mi pedinava e mi controllava: con chi parlavo, come camminavo, chi frequentavo. Avevo l'impressione che mi spiasse ed infatti era proprio così. Nulla gli sfuggiva. Ma la ricreazione era un gran bel momento. Credo di avere appreso moltissimo sul cammino della scuola e a ricreazione. In quei momenti non mi sono mai annoiato. Ma in classe , spesso, noia a non finire, come a casa. Una noia diversa però, che si poteva neutralizzare con mille sotterfugi che erano divertenti fino al punto , in un corso di filosofia all'istituto magistrale di preparare il caffè con la napoletana in fondo alla classe e di berne una tazza mentre il prof faceva lezione senza accorgersi di nulla. Spassosissimo. Questa fu la mia scuola. I compagni turbolenti in fondo all'aula non brillavano a scuola. Avevo note migliori. Ero il secchione della classe ma quei compagni li ricordo ancora, sono geloso di loro e ho ammirato come ammiro tuttora il loro coraggio, la loro ribellione.
Adesso, dopo tanti anni e tante esperienze, mi vengono in mente anche i bambini africani che in certi paesi marciano per una decina di km per andare a scuola. Bambini-pastori che si annoiano da morire rinchiusi in classi di un centinaio di alunni. Non so se si annoiano veramente, del resto. Non so cosa succede durante le trasferte. Ho letto che per le bambine il cammino è pericoloso e che le famiglie allora le tengono a casa, preferiscono non scolarizzarale. Un'associazione africana di donne universitarie impegnata per l'emancipazione della donna africana, la FAWE ("Forum for African Women Educationalists), ha un programma di costruzione di internati per consentire alle ragazze africane dotate di evitare pericolosi viaggi a piedi per andare a scuola.
Ebbene, ho pensato al mio intervento di Lugano, a queste situazioni quando qualche giorno fa mi è capitato tra le amni un articolo di Laurence Cornu intitolato "Le plaisir et l'ennui à l'école" pubblicato nella rivista internazionale dell'educazione del Centro internazionale di studi pedagogici del governo francese (CIEP) a Sèvres, no.27 settembre 2011.
Laurence Cornu afferma che "chacun peut en effet imaginer que réussir à l’école n’est pas étranger au plaisir que l’on
a de venir dans le lieu scolaire, ni à celui d’apprendre". Non sono affatto sicuro che ciò sia valido. Si può riuscire a scuola, anzi si riesce, senza provare nessun piacere per quel che si è obbligati a fare e si impara quanto la scuola esige. Si apprende anche se manca qualsiasi motivazione. Inutile raccontarsi belle storie. Il successo scolastico in parte può dipendere dalla diligenza, dalla motivazione, dall'interesse per quel che è presentato dagli insegnanti ma dipende anche da moltissimi altri fattori, come per esempio la competizione con i compagni, l'orgoglio personale, il desiderio di non avere grane in casa con i genitori, la voglia di essere lasciati in pace.
Molti studenti, molti bambini, vivono a casa in condizioni disastrose, rumorose, stressanti, talora violenti. A scuola invece dev'essere diverso. Si va volentieri se ci si sta bene, se le condizioni materiali della scuola sono migliori che non quelle casalinghe, se i bagni sono puliti, se si fraternizza con compagni o compagne simpatici. Tutto ciò ha poco a che fare con la pedagogia.
Inscription à :
Publier les commentaires (Atom)
Aucun commentaire:
Enregistrer un commentaire