mardi 17 janvier 2017

Educazione prescolastica

Le solite stupidaggini: nel settimanale USA sulle politiche scolastiche "Education Week"  si pubblica  (l'11 gennaio 2017) un articolo ( di Sarah Spark) nel quale si sostiene con prove alla mano che gli studenti quindicenni che hanno conseguito punteggi elevati nel test PISA sulla cultura matematica svolto nel 2012 hanno in media effettuato almeno un anno di scuola per l'infanzia. Corbellerie simili, perché si tratta di corbellerie, indipendentemente dalla validità delle osservazioni,vengono scodellate regolarmente nelle analisi delle valutazioni soprattutto nei paesi nei quali l'educazione prescolastica è poco diffusa, come per esempio negli USA. L'argomento è utilizzato per convincere i responsabili politici e l'opinione pubblica che è giunta l'ora di sviluppare le scuole per l'infanzia, di generalizzarle.

Ci sono ricercatori che si presterebbero a qualsiasi esercizio pur di sbarcare il lunario. Come si fa a sostenere una cosa simile? Eppure si sfornano  prove che convalidano la pertinenza  di affermazioni   simili. Tesi: se si vogliono ottenere buoni risultati in matematica occorrerebbe cominciare presto e mandare i bimbi nelle scuole per l'infanzia , che un tempo erano semplicemente dette "asili".
Orbene, gli asili o le scuole per l'infanzia sono necessari per altri motivi, soprattutto per i ceti sociali poveri. Se poi chi frequenta quest'istituzione diventa una buon allievo, tanto meglio, ma diventare un buon allievo non è lo scopo primario dello sviluppo dell'educazione prescolastica.

In ogni modo la moltiplicazione delle scuole per l'infanzia è un fenomeno connesso all'espansione del sistema scolastico e al trionfo delle società scolarizzate. Più scuola si fa meglio è nelle società dominate dalla logica matematica deduttiva: le società funzionano meglio, si guadagna di più, si fanno affari migliori, il commercio andrà meglio e la disoccupazione calerà. Per questi e per altri motivi le politiche di espansione delle scuole per l'infanzia conosceranno un successo planetario, ma vale proprio la pena scomodare le valutazioni, sfruttare i punteggi ni test, tirare per i capelli le medie nelle prove strutturate somministrate a dieci anni di distanza dall'età buona per accedere alle scuole per l'infanzia, per impostare politiche a favore dell'infanzia e delle famiglie che sembrano ormai indispensabili.

A dire il vero l'articolo in questione ha un sottotitolo nel quale si dice anche che occorre essere cauti nell'interpretazione dei dati. Questo è il minimo che si poteva dire.

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