La scuola media unica italiana, oggi classificata come insegnamento secondario di primo grado, festeggia il cinquantenario: fu creata nel 1963. Lo ricorda l'ispettore scolastico Giancarlo Cerini con un post su Facebook che allude ad un convegno di celebrazione tenutosi a Pescara il primo e due ottobre. Ecco il post di Cerini:
"A Pescara, 1-2 ottobre2013, Convegno del Cidi sui 50 anni della scuola media unica (1° ottobre 1963). Una ricostruzione della storia, delle sfide, degli impegni, della scuola che ha elevato il profilo culturale della popolazione italiana, ha aperto nuove opportunità educative, ha rappresentato una palestra di cittadinanza e democrazia. Il rammarico è che oggi, a distanza di 50 anni, la terza media è ancora l’ultimo luogo educativo dove ragazzi/ragazze stanno tutti assieme: dopo, i loro destini formativi, culturali, sociali si divideranno irrimediabilmente (troppo presto, nonostante l’obbligo portato a 16 anni). Questo richiede un impegno “supplementare” –ma la scuola di base non si è mai tirata indietro- per rafforzare la formazione dei ragazzi a 14 anni, tenendo presente il profilo del 14enne delineato nelle Indicazioni/2012, i curricoli verticali in progressione, una valutazione effettivamente formativa, il nuovo contesto dell’istituto comprensivo. ..."
Ci sarebbero molte cose da dire sulla scuola media unica italiana ed alcune sono state espresse un paio di anni fa in un documento della Fondazione Agnelli. A quei tempi, ossia nel 1963, ero troppo giovane per capire il senso della decisione di allora. E' innegabile che l'Italia fu uno dei sistemi scolastici all'avanguardia in Europa con questa riforma. Infatti , pochi sistemi scolastici hanno compiuto questo passo dopo d'allora. Per esempio in Francia la scuola media unica fu creata soltanto nel 1975 e in Germania si è perfino rinunciato a generalizzare le "Gesamtschulen", che sono l'istituzione equivalente della scuola media unica. Un simile atteggiamento fu seguito dai cantoni elvetici dove soltanto a Ginevra fu creata in quegli anni una specie di scuola media unica dagli 12 ai 15 anni. Più tardi anche nel cantone di lingua italiana, il Canton Ticino, confinante con la Lombardia e il Piemonte, fu realizzata la scuola media unica, non tanto grazie a quanto successo in Italia ma piuttosto grazie all'influsso ginevrino e a una lunga battaglia sull'uguaglianza scolastica e sulla giustizia sociale di fronte all'istruzione. Un Cantone alpino, vallonato, rompeva in Svizzera, come a Ginevra, città-stato, una tradizione pluridecennale di privilegi e di selezione arbitraria degli studenti che erano costretti, se volevano proseguire negli studi , a spostarsi in alcuni centri urbani dopo la scuola elementare quinquennale. Non era una cosa da poco in mezzo alle Prealpi.
Non sono sicuro che il trionfalismo emergente dal post di Cerini sia del tutto valido. Esistono poche prove sull'efficacia e l'equità della scuola media unica. Quando ero a Ginevra esistevano 15 scuole medie uniche (dette "collèges") e due di queste erano veramente uniche come lo sono quelle italiane: tutti assieme, per tre anni. Eppure, agli inizi del 2000 nessuno aveva mai comparato i risultati delle scuole media uniche-uniche, dette "collèges hétérogènes", con quelli delle altre tredici scuole. I miei ricercatori l'hanno fatto. Sono stati pubblicati tre volumi nei quali si descrivevano vantaggi e svantaggi di un modello rispetto all'altro. I lettori francofoni possono rivolgersi allo SRED di Ginevra per leggerli. Eccellenti indagini, anche se limitate per certi versi, ma assai complete. Emergeva che non c'erano grandi differenze tra i due modelli , ma si dovrebbero rifare queste indagini sempreché ci siano ancora i "collèges hétérogènes" per compararli agli altri "collèges", ossia alle scuole medie all'interno dei quali non tutti gli studenti stavano assieme nelle stesse classi ma erano ripartiti per indirizzi, per filiere, per sezioni di eccellenza o solo manuali. Non lo so. Molte cose sono cambiate all'estremità del Lemano dopo d'allora.
A distanza d'anni mi farebbe piacere leggere un'indagine sulle origine della scuola media italiana, sulle modalità seguite per realizzarla, sui costi, sulle risorse umane e finanziate stanziate allora, sui corsi per formare gli insegnanti, sul sostegno, sui gruppi che hanno formulato i programmi del primo triennio, insomma sulle condizioni materiali e sui risultati conseguiti in termini di apprendimenti, di scolarizzazione. Qualcosa esiste, ma molto vago, nebuloso, impreciso. Forse occorre costruire questi indicatori per capire la percentuale odierna della dispersione scolastica, quanto succede dopo il triennio, quanto tutti "si dividono irrimediabilmente" come dice Cerini.
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