mercredi 21 février 2018

Il mio 68

Quest'anno ricorre il cinquantesimo degli avvenimenti successi nel lontano 1968. Taluni aborrono quanto accaduto allora e vorrebbero tornare indietro , al mondo come era nel corso degli Anni dell'immediato dopoguerra. Altri invece , più lucidi, ammettono che il 68 è stata una pietra miliare, un'occasione d'oro per cambiare il mondo. Il mondo dopo d'allora è infatti cambiato, forse non proprio come lo si auspicava. Credo però che oggigiorno si stia anche molto meglio di cinquant'anni fa, checché se ne dica,  nonostante gli errori commessi per cercare vie nuove rispetto a quelle percorse fino ad allora ,  praticare modi diversi di esistere, di vivere, correggere le deformazioni del "vecchio" mondo ( ce n'erano). Non voglio qui alludere a quanto successo nel campo scolastico ma penso soprattutto al quadro generale. Le istituzioni ( il sistema scolastico, l'Esercito, le Chiese, i partiti, il sistema finanziario, ecc.) erano in crisi. Non è  che tutto quanto successo dopo il 68 mi piaccia ma questa non è la questione. Escono molti libri in questi mesi su quel periodo che ha scombussolato un po' tutto il mondo dell'immediato dopoguerra. Non voglio raccontare la mia infanzia tra il 1945 e il 1950, ma non è stata davvero rosea. Alcuni cambiamenti sono illuminanti, altri meno. Non nascondo che mi piacciono soprattutto i testi di un leader di allora, Daniel Cohn-Bendit. Non solo i  suoi testi, le sue prese di posizione, il suo modo di pensare il mondo odierno nel quale si trova, ma anche il tipo di vita che ha condotto.

Mi è spesso capitato di ripensare a quell'epoca. Avevo allora meno di trent'anni e ammetto che non capivo bene quanto stavamo vivendo.  Sapevo però, tra il 1960 e il 1970,  che non si potevano più mantenere le regole, i comportamenti, le credenze in voga fino ad allora perché per l'appunto le mentalità  erano cambiate. Ho vissuto fino in fondo quegli anni ed ho anche sofferto. Non volevo più essere come lo ero, come mi avevano programmato e cresciuto. Mi rendevo conto che sarei stato come un pesce fuor d'acqua.

In fondo la questione scottante allora come oggigiorno è quella dell'autorità e dell'autoritarismo. Cosa significa essere autorevoli, esercitare l'autorità, occupare una posizione di prestigio. Chi definisce i compiti, le funzioni? Mi ricordo di un libro che mi aveva marcato: Verso una società senza padri ( "Auf dem Weg zur vaterlosen Gesellschaft"di Alexander Mitscherlich, psichiatra, psicanalista, sociologo tedesco. Avevo l'impressione di avere a che fare con una montagna di autorità ipocrite, false che si dovevano smontare, combattere. Tutto era buono per scardinare l'autoritarismo imperante. SI pensava allora che si sarebbe potuto fare a meno dell'autorità. Poi sono venute invece altre autorità, non tutte proprio illibate. Adesso mi rendo conto che l'autorità ci vuole per governare una società, che le istituzioni, da sempre,  necessitano di autorità. Ho anche pagato lo scotto della mia ingenuità.

Mezzo secolo è passato da allora e i ricordi si sfumano. Per esempio non ricordo molti particolari di quanto successo all'Istituto Magistrale di Locarno dove insegnavo allora perché non sono né un cronista né uno storico e perché sono assai disordinato. In questi giorni mi hanno interpellato per sapere se accettavo o meno di andare alla commemorazione di quanto  avvenuto all'Istituto Magistrale di Locarno tra metà marzo del 1968 e forse luglio dello stesso anno. Famosa fu allora l'occupazione dell'aula 20,  il 9 marzo dello stesso anno. Sono tuttora orgoglioso di quella data. Fu ben prima del celebre maggio 68 parigino.Dopo quell'episodio capitarono molte cose all'Istituto Magistrale di Locarno e per finire un anno dopo, nell'estate del 1969,  ho rassegnato le dimissioni da insegnante e me ne sono andato via da quella scuola, dal mondo nel quale ero cresciuto. Avevo capito che non potevo più starci. Ho iniziato un'altra vita.  Localmente i vari episodi  che ricostruisco oggigiorno assai male, sono stati molto pubblicizzati e sono stati vissuti anche in modo drammatico. Taluni eventi hanno avuto strascici dolorosi con risvolti drammatici. Ora molti di quegli episodi mi sembrano irrilevanti anche se hanno forgiato per decenni l'esistenza di tutti coloro che li hanno vissuti. Non saprei per esempio dire quali hanno inciso sulla mia vita. Ero predestinato a una carriera che ho rifiutato e sono scappato via per evitarla e per non soccombere in tutti i sensi. Ho fatto bene e mai avrei immaginato che la società locale, una società prealpina, situata nel cuore della Alpi,  evolvesse come è successo. I punti di riferimento sono cambiati. Ne è risultato un quadro nuovo, cinquant'anni dopo. Sono ormai via da quel mondo che non sono in grado né di giudicare né di capire.

 Ho vissuto intensamente quegli anni. Sapevo che andavo contro l'ordine costituito, che era come si diceva allora , un bel disordine; volevo che la formazione degli insegnanti mutasse e divenisse più seria, più funzionale. Lo volevano anche gli studenti dell'Istituto Magistrale. Le autorità di allora nel cantonetto, noi stessi del resto, ossia coloro che lottavano per migliorare la situazione, non eravamo attrezzati per innovare, cambiare, discutere, verificare. Ho però incontrato in quegli anni persone brillanti, qualificatissime, molto in gamba, che sono state un faro per me, che mi hanno aiutato nella mia grande confusione mentale a capire quanto succedeva e quanto vivevano perché loro avevano capito e perché avevano sofferto molto prima e molto di più di me.

Sul piano personale ricordo un carissimo amico, ora scomparso, di qualche anno più anziano di me,  che dopo una vacanza di fine anno  in Engadina, a inizio gennaio del 68 venne a trovarmi per dirmi che con l'amica, una  morosa,  era andata malissimo, che non aveva passato giornate felici perché lui si era scoperto omosessuale. Mi ha confessato allora la sua omosessualità. Nella cultura nella quale ero stato educato, l'omosessualità era un peccato mortale ma confusamente  capivo che invece era qualcosa d'altro. Quell'amico mi ha aiutato molto a comprendere quanto era in ballo allora. Dopo di allora ho modificato interamente il mio sguardo, il mio giudizio, sull'omosessualità. Così è successo per tantissimi altri comportamenti sociali.

Per esempio in politica. Mi vergogno dei  miei tentennamenti riguardo la guerra in Vietnam . Non capivo perché si organizzassero  le sfilate di protesta, perché si dovessero fare anche nel cantonetto. Molti amici ci andavano ed io ero incapace di muovermi, di scendere , come si dice, in piazza. Ero paralizzato e mobilitavo tutti gli argomenti critici per spiegare riluttanza e passività. Mi sono occorsi parecchi  anni per capire quanto importante fosse quella protesta contro uno stato bugiardo. Adesso si sa  che il potere corrompe, che è difficile venirne fuori con le mani pulite, che la politica non è sempre un servizio disinteressato dello stato ma che può esserlo anche quando si devono accettare concessioni perché si negoziano le scelte, che etica e politica spesso si scontrano ma che ci vuole autorità e leadership condivisa per governare. Capisco anche che le manifestazioni di protesta in strada sono necessarie. Sono testimonianze.

Infine la sessualità:  fu un vero scontro di idee, di pregiudizi, di comportamenti. Il 68 ha dato la stura a tutta una serie di proteste maturate nel decennio successivo: la lotta contro l'aborto, la lotta per il divorzio, il diritto al controllo delle nascite, la diffusione degli anticoncezionali, il femminismo. I costumi cambiavano.  Si imponeva allora un nuovo tipo di famiglia, le donne si ribellavano. Madri sì, ma anche amanti. Persone libere, non più schiave di ruoli prefabbricati, imposti dalle autorità, statali o religiose. In ogni modo il 68 non è solo il 68. Sono anche gli anni precedenti e quelli successivi. E'  un'epoca  nella quale sono maturate molte rivolte. Il 68 degli studenti non fu che un punto di cristallizzazione. Molti concetti, molte idee, maturarono prima del 1968. Erano nell'aria.

Non tornerei proprio più indietro. Impossibile. Purtroppo tuttora moltissimi non hanno colto quanto rilevanti fossero quei messaggi.  In quegli anni ho aperto gli occhi, ho condiviso trasformazioni sociali enormi che hanno cambiato la società. In bene o in male? Probabilmente nei due sensi,  poco importa. Intanto ripenso a quanto fatto e già questo percorso, questa rivisitazione, questo feed-back, è di per sé un retaggio di quegli anni. Senza quelle agitazioni, senza ile modalità di come le ho vissute,  non sarei qui a riviverle.

Mi spaventa la richiesta di leggi , di autorità, di norme invocate da vari gruppi sociali o politici soprattutto dai giovani. Sono ormai fuori gioco. E' evidente che le giovani generazioni oggigiorno sono disorientate, hanno un'esistenza non facile,  ma ascolto  attonito  richieste formulate ovunque , che spesso combaciano nonostante le distanze geografiche, di soluzioni chiare, di regole da rispettare, di norme da imporre. La religione  è vissuta come un toccasana. Qualsiasi religione. Offre riti, ascolto, perdono, commiserazione e regole connesse al destino alle quali ci si aggrappa come a un salvagente. Nondimeno si rivendica giustizia, tolleranza, comprensione,  condizioni di vita decorose. Il lavoro è visto come un mezzo per sopravvivere. Ma quale lavoro? Allora si bara. Piuttosto che accettare un lavoro qualsiasi si rivendicano provvedimenti sociali protettivi. Le società contemporanee non sono però in grado di offrire quanto vorrebbero le giovani generazioni. Tocca alla classe politica capirne le rivendicazioni, agire per soddisfarle.Un altro 68 è necessario?

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